Processo Scieri, un ex ufficiale: «Il primo atto di nonnismo all’epoca era fare il militare di leva»

«Il primo atto di nonnismo all’epoca era proprio fare il militare di leva, perché lo facevano solo i “poveracci” e non i figli di parlamentari, di grandi manager o di magistrati». Una dichiarazione che ha fatto molto discutere quella fatta dal generale Emilio Ratti durante oltre tre ore in cui è stato ascoltato nel corso dell’udienza del processo per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri che si sta svolgendo nel tribunale di Pisa. La città in cui si trovava la caserma Gamerra dove, ai piedi di una torretta di asciugatura dei paracadute, il 16 agosto del 1999 fu ritrovato il cadavere del 26enne a tre giorni dalla morte. Imputati sono gli ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Il sott’ufficiale Andrea Antico è stato assolto in primo grado per lo stesso reato; assolti anche gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia che erano accusati di favoreggiamento.

Classe 1957, all’epoca – e fino al 19 agosto – Ratti era il comandante del reparto corsi. Ha deposto in aula rispondendo alle domande del procuratore Alessandro Crini, del sostituto Sisto Restuccia e degli avvocati di parte civile Ivan Albo e Alessandra Furnari. È lui che, senza confrontarsi con nessuno, inventa il modulo da fare firmare alle reclute in cui si impegnano a denunciare gli atti di nonnismo, non solo quelli eventualmente subiti ma anche quelli a cui avrebbero assistito. Lo scaglione di Scieri fu il primo in assoluto a ricevere quel modulo. E anche il parà siracusano lo firma. «L’impressione è che lui, che arrivava dall’accademia, avesse un sentore di quanto accadeva in caserma anche se, nel corso dell’udienza, ha cercato di sminuire la portata del fenomeno – commenta l’avvocata Furnari a MeridioNews – relegandola a episodi particolari».

Il 13 agosto del 1999 quando, dopo il viaggio in autobus da Firenze e Pisa per cui alcuni caporali graduati sono stati condannati, le reclute arrivano in caserma, ad accoglierli c’è anche Ratti. «Era una mia abitudine ma ci tenevo a esserci per dare delle indicazioni e fare anche un discorso sul nonnismo». Una questione che sembra stare particolarmente a cuore all’allora ufficiale perché, proprio qualche settimana prima, era rimasto colpito da un episodio. A chiamarlo al telefono era stata la madre di un caporale che aveva subito atti di nonnismo all’interno della caserma. «Mi disse che il figlio era tornato a casa con il corpo pieno di lividi». Quella donna era la madre di Andrea Catarcia, il militare che la notte del 22 luglio del 1999 (poco meno di un mese prima dell’omicidio di Scieri) all’interno della caserma era stato vittima di violenti atti di nonnismo. «Tre anziani mi costrinsero a fare i pompaggi (le flessioni, ndr) e mi colpirono con calci e pugni», ha raccontato Catarcia quando è stato ascoltato in aula. «Era un ragazzo con cui avevo una certa confidenza – ha ammesso Ratti – e mi sono chiesto come mai non me ne avesse fatto cenno».

Ratti ha poi raccontato della sua abitudine a fare «controlli a sorpresa nelle camerate anche entrando dalle finestre del pian terreno». In un’occasione, l’allora ufficiale trova una macchina fotografica e decide di fare sviluppare il rullino: è da lì che emergono le foto della sera del 22 luglio in cui si vedrebbero alcuni militari a terra a fare le flessioni e altri a cavallo che sferrano pugni. Immagini in cui sarebbe ritratto anche Panella che, fino a prima di questa prova, aveva sempre negato la sua presenza in caserma quella sera. Atti di prevaricazione che, in quello stesso periodo, erano state denunciate anche dal caporale Alessandro Meucci, diventato uno dei testimoni chiave del processo e che verrà ascoltato nel corso della prossima udienza già fissata per mercoledì 9 novembre.

Eppure, l’allora caporale Gennaro Merolla, nel corso della sua audizione di ieri ha etichettato come «allenamento e non nonnismo o violenza» le flessioni – anche duecento – che le reclute erano costrette a fare mentre sotto i pugni dei superiori. E ha bollato come «disciplina» le condizioni del viaggio da Firenze a Pisa del 13 agosto: con i finestrini chiusi, il riscaldamento acceso, in rigoroso silenzio, con il divieto assoluto di addormentarsi e obbligo di stare seduti tenendo la posizione della sfinge. A deporre ieri sono stati anche il centralinista della caserma Luca Lami e Mario Varlaro, che ancora oggi è un militare in servizio. Quest’ultimo ricordava così poco anche del giorno del ritrovamento del cadavere di Scieri che, a un certo punto, la presidente gli ha chiesto se almeno ricordasse il proprio nome.


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