Processo santone Capuana: il ruolo delle «sacerdotesse che hanno reso possibili gli abusi»

«Le dichiarazioni di tutte le vittime sono attendibili e riscontrate». È dalle parole di una decina di ragazze che ha preso spunto, nella sua discussione, l’avvocata Mirella Viscuso che rappresenta il centro antiviolenza Galatea come parte civile nel processo 12 apostoli. Imputato principale è il santone Pietro Capuana, l’80enne ex bancario accusato di abusi sessuali su delle giovani, all’epoca dei fatti anche minorenni. Per lui la pubblico ministero Agata Consoli ha già avanzato la richiesta di condanna a 16 anni di carcere. L’allora leader della comunità della chiesa Lavina di Aci Bonaccorsi (in provincia di Catania) avrebbe presentato alle vittime le violenze come «atti di purificazione» compiuti in veste di autoproclamato reincarnazione dell’arcangelo Gabriele. Il tutto affiancato da tre donne – Fabiola RacitiRosaria Giuffrida e Katia Concetta Scarpignatoritenute sue ancelle, ora imputate con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alle violenze.

«Sacerdotesse» le ha definite l’avvocata Viscuso, che ha preso parola dopo le ultime udienze dedicate alle altre parti civili, tra cui anche la diocesi di Acireale. «La loro condotta è gravissima – sottolinea la legale del centro antiviolenza a MeridioNews – Senza il loro contributo, Capuana non avrebbe avuto la possibilità di realizzare in quel modo sistematico gli abusi che gli vengono contestati». Le tre ancelle, infatti, si sarebbero occupate non solo di stilare i turni ma anche di convincere le ragazze che avrebbero tentato, in un primo momento, di opporsi. E, per farlo, avrebbero fatto ricorso pure a «gravi forme di manipolazione – spiega la legale – stringendo un cerchio attorno alle vittime e strumentalizzando la loro vulnerabilità psichica facendole credere le prescelte da parte del sedicente santone».

Condizionamenti che hanno permesso quegli abusi, da parte di chi si presentava con un ruolo di padre spirituale: «Un plagio di massa, fondato su argomenti di carattere religioso», lo avevano definito gli inquirenti. «Questo tipo di violenze – commenta l’avvocata Viscuso – non ha prescrizione: chi le subisce se le porta dentro per tutta la vita con conseguenze sull’autostima, sulla fiducia negli altri, sulla capacità di instaurare relazioni». Nel corso della prossima udienza, già fissata per l’inizio del mese di maggio, sono previste le discussioni da parte degli avvocati della difesa. Sulla base di un calendario provvisorio, la sentenza potrebbe arrivare all’inizio dell’estate.


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