Processo omicidio Scuto: l’aula trasformata in un set televisivo ma l’udienza non si può fare

«L’imputato è impossibilitato a partecipare perché è affetto da sindrome influenzale e il carcere in cui si trova (quello di Caltagirone, ndr) non è attrezzato per allestire il videocollegamento. Per questo l’udienza è rinviata». Quando il presidente legge questa comunicazione, l’aula della corte d’Assise del tribunale di Catania dove si sta celebrando il processo per l’omicidio di Agata Scuto – la 22enne invalida di Acireale di cui si sono perse le tracce la mattina del 4 giugno del 2012 e per cui è alla sbarra Rosario Palermo, l’ex compagno della madre della vittima – è già stata trasformata in un set televisivo da almeno un’ora. Telecamere, microfoni, schermi e tecnici della Rai autorizzati dal tribunale per riprendere le fasi dibattimentali del procedimento da trasmettere poi nel corso di una puntata della trasmissione Un giorno in pretura.

A testimoniare oggi in aula avrebbe dovuto essere anche Cristian Scuto, uno dei fratelli della vittima. Rinviato al 14 febbraio. E non alla prossima udienza (quella di lunedì 30 gennaio) in cui a essere sentito, tra gli altri, sarà anche un amico di Palermo che in una prima fase delle indagini avrebbe dichiarato di essere con lui in campagna la mattina in cui la ragazza – il cui corpo non è mai stato ritrovato – era scomparsa. Salvo poi ritrattare dicendo che quell’episodio sarebbe avvenuto, in realtà, due anni prima. Un particolare non da poco visto che potrebbe essere decisivo per un alibi dell’imputato che continua a professarsi innocente. Per l’accusa, invece, avrebbe ucciso la ragazza che proprio di lui sarebbe rimasta incinta. Una gravidanza di cui non esistono prove ma desunta dalla madre a cui la 22enne, poco prima di scomparire, avrebbe confidato che da due mesi non aveva più il ciclo mestruale e da una frase scritta sul suo diario personale: “Mamma cornuta“. 

La tesi dell’accusa si basa anche su diversi audio intercettati che sono contenuti negli atti dell’indagine. Ci sono le conversazioni di Palermo con una sua ex compagna e anche con l’attuale. A entrambe, l’imputato sembra dare delle istruzioni alle donne nel caso in cui avessero dovuto rispondere a un interrogatorio. E poi ci sono i monologhi dell’uomo in auto. Parla da solo, dopo avere saputo di essere indagato: «Ti prendono e ti danno l’ergastolo», dice l’uomo in quello che ha il tono di una sorta di delirio onirico. Poi si immagina di fronte a un giudice che lo dichiara innocente. A voce alta pronuncia perfino le ipotetiche parole della sua assoluzione: «Adesso sei libero, lo abbiamo capito che non sei stato tu ma è stato […]». A questo punto, fa il nome e il cognome di una persona che conosce e che conosceva anche Agata. Nello stesso monologo fa anche riferimento al fatto che la ragazza sarebbe stata trovata – strangolata e bruciata – in un casolare tra le campagne di Pachino. Una zona a Sud del Siracusano in cui, effettivamente, Palermo sarebbe andato per raccogliere asparagi, verdure spontanee e anche lumache.

Nel corso delle indagini, inoltre, è stato trovato e sequestrato un tondino di metallo che era nella disponibilità di Palermo. L’oggetto sporco di sangue sarebbe quello con cui l’uomo si sarebbe procurato una ferita a una gamba (di cui ha ancora una cicatrice) proprio il giorno della scomparsa della ragazza. Tornato zoppo e sanguinante, l’uomo non va in ospedale ma si medica a casa. L’arnese è stato ritrovato il giorno in cui Palermo è stato arrestato. Lui esclude che abbia a che fare con la vicenda della ragazza ma per la procura avrebbe cercato di nasconderlo in una località sull’Etna «per inquinare le indagini».


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