Scomparsa Agata Scuto, è iniziato il processo per l’ex compagno della madre

È iniziato questa mattina il processo per l’omicidio di Agata Scuto. La 22enne invalida di Acireale (nel Catanese) di cui si sono perse le tracce la mattina del 4 giugno del 2012. Imputato è Rosario Palermo, per tutti Saro, che all’epoca dei fatti era il compagno della signora Mariella, la madre della vittima. Era presente anche lui – difeso dall’avvocato Marco Tringali – nell’aula della corte d’Assise d’appello del tribunale di Catania dove stamattina si è aperto il dibattimento. Per la procura, sarebbe Palermo il responsabile della sparizione della 22enne che sarebbe stata incinta proprio di lui che, però, continua a professarsi innocente. Con l’accusa di favoreggiamento, inoltre, sono indagati un amico di Palermo e due donne, la sua ex e la sua attuale compagna.

I monologhi dell’imputato in auto

Il dibattimento entrerà nel vivo a partire dalla prossima udienza, già fissata per lunedì 7 novembre, quando cominceranno le audizioni dei testimoni a partire dagli investigatori che si sono occupati del caso. Tra gli elementi di prova contenuti negli atti dell’indagine ci sono diverse conversazioni intercettate. In alcune Palermo parla da solo in macchina. Monologhi, che l’uomo fa dopo avere saputo di essere indagato, in cui esprime il timore che il corpo della ragazza – che per gli inquirenti sarebbe stata strangolata e bruciata – possa essere ritrovato in un casolare nelle campagne di Pachino, nel Siracusano. «Ti prendono e ti danno l’ergastolo», dice l’uomo in quello che ha il tono di una sorta di delirio onirico. Poi si immagina di fronte a un giudice che lo dichiara innocente. A voce alta pronuncia perfino le ipotetiche parole della sua assoluzione: «Adesso sei libero, lo abbiamo capito che non sei stato tu ma è stato […]». A questo punto, fa il nome e il cognome di una persona che conosce.

I dialoghi con la ex compagna

Ci sono poi le conversazioni intercettate con le due donne: una con cui Palermo aveva una relazione che risale a circa 18 anni fa e da cui ha avuto anche due figli. L’altra è l’attuale compagna, con cui il rapporto è iniziato subito dopo la fine di quello con la mamma di Agata. «Se ti dovessero chiedere: “Ma lui che mestiere faceva quando era con lei?” Tu ci devi dire che me ne andavo a fare vaccarelle (lumache, ndr) e origano a Palagonia e nella parte di Catania. Se me ne andavo lontano? Andavo a dormire a Siracusa? Non gli dire queste minchiate!». Parole che sembrano delle istruzioni per la donna nel caso in cui avesse dovuto rispondere a un interrogatorio. La preoccupazione dell’imputato si concentra soprattutto su alcuni luoghi e il suggerimento riguarda dei particolari da omettere. Infatti, dalle indagini è emerso che per lavoro Palermo spesso frequentava la provincia di Siracusa. In particolare la zona più a sud. C’è anche una registrazione dell’uomo che parla da solo in macchina e dice «la ragazza che dovevo fare sparire, l’hanno trovata in un casolare a Pachino».

Le conversazioni con l’attuale compagna

Dello stesso tenore è il dialogo intercettato con l’attuale compagna. «Me ne devo andare a mattinata, me ne vado verso le 4.30. Mi vesto da sporco e me ne devo andare a fare un pugno di crastuni (lumache, ndr). Se capita che passano i carabinieri non gli dire che me ne sono andato lontano – chiarisce Palermo dando indicazioni alla donna – Gli dici: “Non lo so”. Se loro vengono di pomeriggio, non gli dire che me ne sono andato da questa mattina. Gli dici: “Se n’è andato verso le 11”, ti piace? Gli devi dire questo, non ti scordare mai quello che ti sto dicendo». Una raccomandazione a cui la compagna si limita a rispondere, senza controbattere, soltanto con un «Va bene, va bene».

La scomparsa

Una vicina di casa ha raccontato che il giorno della scomparsa avrebbe visto la ragazza (che soffriva di epilessia e aveva anche una menomazione al braccio e alla gamba) uscire di casa e ha aggiunto di avere notato la macchina di Palermo parcheggiata là davanti. Lui, invece, ha sempre dichiarato di non essere stato lì quel giorno perché impegnato a raccogliere asparagi selvatici e lumache. In una prima versione in un posto distante circa tre ore dall’abitazione di Acireale, poi invece, nella zona etnea. Una denuncia di scomparsa sarebbe stata presentata dalla madre della ragazza e poi ritirata, stando a quanto riferisce la donna, su impulso di Palermo. Era stato lui, infatti, a raccontarle di avere visto Agata una decina di giorni dopo la scomparsa in compagnia di un ragazzo nella cittadina acese. Avvistamenti – di cui nessun altro ha mai parlato – che erano stati il motivo per cui il caso era stato derubricato come scomparsa volontaria.  

La ripresa delle indagini

Due anni fa, dopo una segnalazione anonima, le indagini sono ripartite. La donna ha raccontato che aveva ricevuto dalla figlia la confidenza che, da circa due mesi, non aveva più il ciclo mestruale e sul suo diario personale aveva letto la scritta “mamma cornuta“. Nel corso delle indagini è stato trovato e sequestrato un pezzo di metallo che era nella disponibilità di Palermo. L’oggetto sporco di sangue sarebbe quello con cui l’uomo si sarebbe procurato una ferita a una gamba (di cui ha ancora una cicatrice) proprio il giorno della scomparsa di Agata. Tornato a casa zoppo e sanguinante, l’uomo aveva comunque scelto di non andare in ospedale. L’arnese è stato ritrovato il giorno in cui Palermo è stato arrestato. Lui esclude che abbia a che fare con la sparizione della ragazza ma per la procura avrebbe cercato di nasconderlo in una località sull’Etna «per inquinare le indagini». 


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