Processo Noce, Gagliano rinuncia all’Appello Il giudice: «Finisca le perizie psichiatriche»

«Chiedo l’annullamento del ricorso in Appello». Con una breve lettera manoscritta, Loris Gagliano, 26 anni, dal carcere di Siracusa ha rinunciato al procedimento di secondo grado in cui è imputato per l’omicidio della sua ex fidanzata, la ventiquattrenne Stefania Noce, e del nonno di lei, il settantunenne Paolo Miano. Un colpo di scena del tutto inaspettato, arrivato all’inizio dell’udienza di oggi – giorno del compleanno di Stefania –, che getta pesanti dubbi sul futuro del processo. Perché secondo il giudice Luigi Russo c’è da stabilire se il giovane sia in grado di intendere e di volere. E, di conseguenza, capace di scegliere se affrontare o meno nuove udienze e una seconda sentenza. Quella di primo grado è arrivata il 5 aprile 2013: il tribunale di Caltagirone ha giudicato Gagliano colpevole di omicidio premeditato e l’ha condannato al carcere a vita.

Se la richiesta di annullamento venisse accolta, l’ergastolo sarebbe confermato. Ma, finora, nulla è andato in modo lineare. Prima Loris Gagliano ha sbugiardato una perizia psichiatrica che avvalorava la tesi del disturbo mentale, adesso chiede la revoca del processo. E perfino Giuseppe Rabbito, avvocato della difesa, stenta a raccapezzarsi: da un lato il suo assistito gli ha questa mattina – tramite una seconda lettera – revocato l’incarico; dall’altro Luigi Russo, che presiede la Corte d’appello, lo ha nominato difensore d’ufficio per garantire la continuità di un processo che ha definito «un caso da Settimana enigmistica del codice di procedura penale».

La perizia psichiatrica richiesta dalla corte non è ancora ultimata e dovrà essere depositata il 3 marzo. Finora, quindi, non c’è alcuna certezza sullo stato mentale dell’omicida. «Quel che è certo è che ci sono stati numerosi campanelli d’allarme – spiega Rabbito – A settembre i medici della casa circondariale di Siracusa hanno ordinato per lui un trattamento sanitario obbligatorio, questo vorrà pur dire qualcosa». La diagnosi dei dottori del carcere era di «schizofrenia paranoide». E allora perché rinunciare a un ricorso in appello che si basa proprio sull’infermità mentale? «Sembra quasi che Loris abbia più paura della perizia che della galera – sostiene il difensore – Lui dice da sempre di essere perfettamente sano di mente, e teme che adesso i periti lo dichiarino incapace di intendere e di volere».

Quello dell’infermità mentale è il nodo più difficile da sciogliere. «Il procedimento si basa sul fatto che l’imputato sia in grado di capire cosa gli sta succedendo», aggiunge Pierpaolo Montalto, legale recentemente nominato da Giovanni Noce, padre di Stefania. E la Cassazione rafforza la sua tesi: «Ci sono sentenze che stabiliscono che un imputato sia senziente fino a prova contraria, e la prova contraria in questo caso non c’è». La richiesta di Montalto, così come quella degli altri avvocati di parte civile, è di accogliere le istanze di Gagliano. Ma il giudice ha scelto la strada della prudenza: «Non siamo attualmente in condizione di stabilire l’ammissibilità delle richieste dell’imputato, le perizie devono essere concluse».

Nel frattempo, continuano gli accertamenti di criminologi e psichiatri. Il 4 gennaio il ragazzo è stato sentito in carcere. «Ha mostrato un atteggiamento parzialmente collaborativo», riferisce Filippo Lanaia, specialista in malattie nervose e mentali e consulente della famiglia Noce. «Al termine del colloquio – continua il medico – Loris ha pure chiesto di poter parlare liberamente». Il 29 gennaio, Gagliano avrebbe dovuto essere sottoposto a una serie di test. Ma questi ultimi, per ragioni ancora da chiarire, non sono stati eseguiti.

La prossima udienza è fissata per il 4 marzo. La settimana successiva, il 10 marzol’aula A2 del Monastero dei Benedettini sarà intitolata a Stefania Noce. Sulla targa commemorativa, anticipano le associazioni promotrici, ci sarà una frase con la quale la giovane donna aveva concluso un suo scritto sul femminismo. E che dice: «Nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, né tantomeno di una religione».

Luisa Santangelo

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