Capitale Cultura: circuiti fra monumenti e 7,5 milioni  E Orlando gongola: «Le abbiamo azzeccate tutte»

L’inno di Mameli e quello alla Gioia di Beethoven dell’orchestra e del coro di Brancaccio, la dedica al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il racconto dell’attesa con i sindaci delle città concorrenti e dell’emozione dopo la vittoria, le congratulazioni dell’arcivesco Corrado Lorefice. Il sindaco Leoluca Orlando, affiancato dalla giunta al gran completo e dai rappresentanti delle istituzioni coinvolte, ha festeggiato con i giornalisti a Palazzo delle Aquile il riconoscimento, sancito ieri dal Mibact, di Palermo Capitale italiana della Cultura 2018.

Al suo fianco tutti gli assessori, a partire da Andrea Cusumano, delegato alla Cultura, il sovrintendente del Teatro Massimo Francesco Giambrone, quello della Foss Giorgio Pace, il rettore Fabrizio Micari, il presidente della Gesap Fabio Giambrone, l’attore Lollo Franco, il presidente del Consiglio comunale Salvatore Orlando. Dopo aver letto le motivazioni, Orlando ha voluto mandare un messaggio «ai nemici della contentezza, dovrebbero darsi una regolata. Non siamo l’ombelico del mondo ma dobbiamo avere più autostima perché oggi Palermo non è più la capitale della mafia ma della cultura e fa una bella differenza. La mafia c’è e la combattiamo ma non governa più questa città. Non mi sembra un dettaglio».

Una candidatura imperniata sulla cultura dell’accoglienza: «I migranti ci stanno costringendo a diventare migliori perché ci pongono davanti alle drammatiche questioni sui diritti umani». Il primo cittadino gongola e lancia messaggi ai suoi detrattori: «In questi anni le abbiamo azzeccate tutte: il percorso Unesco, Manifesta 12 che porterà qui un milione e mezzo di visitatori, la candidatura a Capitale dei Giovani e quella a Capitale della Cultura. I problemi ci sono anche in altre grandi città – aggiunge -. Emigrare si può ma dobbiamo far capire ai giovani palermitani che si può tornare a Palermo più preparati per investire il proprio talento qui. Il mondo si è accorto che questa città è bella. Vorrei che se ne accorgesse anche qualche palermitano incolto o per ragioni di mancata formazione o per egoismi da piatto di lenticchie».

Sul piatto per il 2018 un milione dal Mibact e 6,5 milioni di fondi comunali, tutte somme fuori dal patto di stabilità. «Ci sarà una sinergia fra le istituzioni e le associazioni basata sul sistema dei poli diffusi – spiega l’assessore Cusumano -. La cifra della nostra candidatura non saranno gli eventi ma la visione della città futura, e in particolare la cultura dell’accoglienza. C’è molto da fare. La programmazione di Zac, Biondo e Massimo ricoprirà l’intero anno». Saranno creati diversi circuiti culturali «come quello della Kalsa dalla Magione al waterfront passando da Spasimo, Museo Pasqualino, San Bartolomeo, Palazzo Steri, il Garibaldi, l’ex convento di San Francesco e la nascitura fondazione Museo Valsecchi a Palazzo Butera. Fra qualche settimana riapriremo la Chiesa dei Santi Euno e Giuliano a piazza Magione».

Altro punto nevralgico saranno i Cantieri culturali alla Zisa «che stiamo completamente ripensando con l’assegnazione dei capannoni che termineremo entro il 2017. E non dimentichiamo il circuito di Museo Pitrè, Palazzo Tarallo e Città dei Ragazzi». Il milione del ministero invece verrà impiegato per un progetto di scambio e residenze: «Verranno messe a disposizione borse di studio per i palermitani per andare all’estero e per gli artisti e operatori culturali dall’estero per stabilire la propria residenza a Palermo». Fra i teatri inseriti nel dossier c’è anche il Montevergini, attualmente occupato: «Stiamo dialogando anche con loro, a breve arriverà una soluzione». 

«La nomina di Palermo a capitale nazionale della cultura per il 2018 può essere l’occasione per l’affermazione della grande ricchezza di artisti che la nostra città possiede e può rappresentare un indiscutibile volano non solo culturale ma anche economico, con le infinite occasioni di lavoro e di occupazione, che può determinare», sostiene Maurizio Rosso, segretario generale della Slc Cgil Palermo, per il quale «bisogna da oggi in poi attivare una concertazione e una collaborazione fondamentale per far partire la macchina organizzativa. Questa città possiede circa 16 teatri e solo tre o quattro programmano una stagione. Proponiamo di partire dall’idea che anche gli altri teatri sconosciuti ai più comincino ad avere vita pulsante vera e propria, chiedendo l’attenzione del governo centrale e il coinvolgimento della classe imprenditoriale. Pensiamo a un ritorno della ‘dolce vita’ palermitana, con una stagione estiva di tre mesi tra teatro della Verdura, Palazzina Cinese, Villa Filippina, gli atri dei palazzi e Castello Utveggio. Pensiamo – prosegue Rosso – a festival della filosofia e della letteratura, a rassegne teatrali e jazz e a tutte le occasioni di attrazione non solo turistica ma culturale che può offrire questa nomina».

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