Precari regionali e degli enti locali: dove sono i soldi per pagarli?

La relazione orale per l’udienza di parificazione presentata dalle sezioni riunite della Corte dei Conti all’esercizio finanziario 2012 a conclusione dell’analisi presenta alcune osservazioni che meritano una lettura a parte per la puntualità e la rilevanza che le stesse assumono a fronte della lettura critica dei dati contabili della gestione politica del bilancio della Regione siciliana.

In particolare essi riguardano alcuni aspetti strategici della gestione finanziaria e l’orientamento da adottare nella politica degli investimenti, quali la questione dei residui attivi, il rapporto entrate tributarie e spesa corrente, la ripresa produttiva dell’apparato manifatturiero siciliano, le questioni legate alla pesantezza della situazione di cassa e il futuro dei circa 100 mila precari che la Regione ancora oggi paga.

Proprio sui precari – per esempio, sui 23 mila precari degli enti locali siciliani, fino ad oggi pagati dalla Regione siciliana – ai quali è stata promessa una proroga fino a dicembre (il loro contratto scade il prossimo 31 luglio) – alla luce dei dati esposti dalla Corte dei Conti, noi chiediamo al Governo regionale di Rosario Crocetta e all’Ars: non è arrivato il momento di dire a queste persone che non ci sono più i soldi per pagarli? Perché continuare a prenderli in giro?

Rivediamo, per grandi linee, i ‘numeri’ illustrati ieri dalla Corte dei Conti. Sulla questione dei residui attivi (leggere entrate fittizie) la magistratura contabile torna a ricordare che la massa di presunte entrate nel bilancio della Regione derivante da teorici apporti da fonti tributarie ottiene il solo scopo di gonfiare la dimensione delle stesse entrate, sapendo che di tali previsioni nel bilancio non si può tenere conto, perché di difficile esigibilità e quindi sostanzialmente fittizie. Si noti che nel bilancio consuntivo 2012 l’ammontare dei residui attivi, cioè delle entrare che non ci sono ha raggiunto la ragguardevole somma di 3 miliardi e 574 milioni di euro

La spesa corrente, rispetto alle entrate ordinarie, fa registrare un disavanzo di oltre un miliardo di euro. Ciò significa che la spesa corrente va tagliata, con buona pace per le clientele politiche e di potere.

Ebbene, a fronte di un inevitabile taglio della spesa corrente ci volete dire come sarà possibile pagare i precari, a cominciare da 23 mila precari degli enti locali?

Quella della trattativa con lo Stato è una presa in giro. Quando all’Ars, lo scorso aprile, è iniziata la discussione sul bilancio, il Governo regionale ha annunciato che il Governo nazionale avrebbe trattenuto 800 milioni dalle imposte pagate dai siciliani. Invece la Corte dei Conti ci ha detto che lo Stato si è tenuti 914 milioni di euro. In pratica, 110 milioni di euro in più.

Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Economia, il romano de Roma Luca Bianchi non hanno nulla da dire? Con quale faccia continuano a prendere im giro i precari siciliani – e segnatamente i 23 mila precari degli enti locali dell’Isola – dicendo che li pagherà Roma, quando il Governo nazionale ci ha scippato 914 milioni di euro, ben 114 milioni in più di quanto era stato programmato? Perché continuare a prendere in gito i precari?

Con riferimento al precipitare del Prodotto interno lordo regionale, le osservazioni delle sezioni riunite della Corte dei Conti auspicano, appunto, tagli cospicui alla spesa corrente al fine di liberare risorse finanziarie da destinare alla crescita dell’economia produttiva ed al supporto sociale quale ipotesi di lavoro per potere riequilibrare i conti pubblici attraverso minori spese improduttive e maggiori entrate tributarie.

Infine alcune notazioni sullo stress che caratterizza la ‘cassa’ regionale, che a fine 2012 faceva registrare una disponibilità contabile di appena 278 milioni di euro. Le sezioni riunite della Corte dei Conti fanno rilevare a tale proposito che non è più tempo di gestire la cassa regionale attraverso il rinvio dei pagamenti delle somme impegnate, com’è avvenuto finora. Operazione di tesoreria che genera il crescente fenomeno dei residui passivi. Cioè il crescente ammontare di debiti futuri.

Uno dei fattori che hanno concorso all’affannoso contenimento dei pagamenti è stato determinato dalla decurtazione delle entrate tributarie da parte dello Stato nell’esercizio 2012: si tratta dei 914 milioni di euro scippati alla Sicilia per il risanamento della finanza pubblica nazionale, alias Patto di stabilità e Fiscal Compact. La Corte rileva, a tale proposito, che essa necessita di particolare attenzione volta a rimuovere in primis i fattori esterni, quali quelli della riscossione dei crediti, in particolare quelli vantati nei confronti dello Stato che condizionano fortemente l’equilibrio delle disponibilità di cassa.


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