Cronaca

I nascondigli più strani per la droga: dalle bambole ai palloni, quando gli slip non bastano più

Nelle mutande dei pusher, in pratica, non ci si guarda quasi più. Per carità, la biancheria intima resta sempre un grande classico. Ma, l’ingegno oramai si spinge oltre portando gli spacciatori a nascondere la droga in posti sempre nuovi e più originali: dalla lapa (l’Ape car) della frutta tra mele, banane e fragole a stalle, un ovile e una colombaia in mezzo agli animali. C’è chi preferisce tenersi le dosi sotto la mattonella, come si faceva una volta con i soldi e i gioielli nelle case in cui non c’era la cassaforte. Come si sa, alcune mode sono dettate dal momento e, in tempo di pandemia, anche le mascherine sono diventate dei pratici portadroga. I più stravaganti, però, sono quelli che prendono spunto dal mondo dei giocattoli e dello sport: una bambola, una pallina da padel, un pallone da calcio. L’ultima (in ordine di tempo) che si è accesa – è proprio il caso di dirlo – è l’idea di nascondere la sostanza stupefacente in una lampadina a led già montata. E pensare che siamo a conoscenza solo di quei nascondigli che sono già stati scoperti dalle forze dell’ordine nell’ambito di diverse attività di controllo in questi primi mesi del 2023 in giro per la Sicilia.

Certi classici sono intramontabili e c’è qualcuno che pensa ancora di potere affidare ai lembi di stoffa che coprono le parti intime la sistemazione della droga per trasportarla. È il caso di un 33enne arrestato e finito agli arresti domiciliari a Vittoria (in provincia di Ragusa), proprio qualche giorno fa: fermato in auto dai poliziotti, negli slip gli hanno trovato tre ovuli di eroina. Negli stessi indumenti intimi ci sarebbe stato addirittura lo spazio per contenere una cospicua somma di denaro in banconote di vario taglio, considerati provento dello spaccio. C’è chi si deve ingegnare per nascondere la sostanza stupefacente dentro casa: sempre validi armadi, stipetti e borsoni. Una trovata meno banale, è stata però quella di un 23enne catanese che ha utilizzato non solo un cassetto del comodino, ma anche un pacchetto di sigarette e perfino una caffettiera per tentare di occultare crack, cocaina e marijuana. Soluzioni casalinghe. Ma non solo, qualcuno alla casa ha preferito la propria attività commerciale: nel laboratorio di un bar a Campobello di Mazara (in provincia di Trapani), è stato trovato più di mezzo chilo di cocaina. E droga di tutti i tipi addirittura nella cappa del forno utilizzato ogni giorno per preparare le pietanze da vendere ai clienti. Anche per trasportarla, però, bisogna trovare un escamotage: da Trapani all’isola di Marettimo sarebbe stata utilizzata una lapa di un ambulante della frutta, con la cocaina mimetizzata tra mele, banane e fragole.

Vegetali da una parte e animali dall’altra. All’interno di una stalla del quartiere Picanello di Catania, la marijuana era tra il mangime per i cavalli, accanto a una pistola; a Caltagirone, invece, la stessa sostanza stupefacente aveva trovato posto dentro un ovile in mezzo alle pecore, a un’enorme quantità di rifiuti e a una pistola. A Siracusa, è stata una colombaia a trasformarsi in un nascondiglio quasi perfetto per hashish, cocaina e crack. Le trovate più originali, però, sono arrivate dal mondo dei giochi e dello sport: una bambola appoggiata sul letto della stanza di un 20enne siracusano è diventata il luogo adatto per nascondere hashish e cocaina. E sempre a Siracusa è stato lo sport più in voga del momento a ispirare: 18 dosi di crack e 12 dosi di cocaina sono state trovate dentro una pallina da padel. Per restare nell’ambito sportivo, anche un pallone da calcio è stato imbottito di droga. Svuotato della camera d’aria interna, è stato riempito con la sostanza stupefacente per essere lanciato all’interno del carcere di Trapani. Gli inquirenti lo hanno scucito nell’ambito dell’operazione Alcatraz. L’ultima trovata nel capoluogo aretuseo, è stata quella di occupare l’interno di una lampadina a led con 22 dosi di cocaina e altrettante di crack e, poi, di montarla già piena in un portalampada.

Marta Silvestre

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