Possiamo ancora definirci viaggiatori?

Baudelaire amava definire “horreur du domicile” quell’impulso, talvolta irrefrenabile,  che spinge noi esseri umani a muoverci per sedare l’irrequietezza ed appagare la sete di novità e conoscenza. Ed in questa innata propensione dell’uomo al movimento affonda le sue radici il viaggio.

Tante e tante pagine sono state spese sul viaggio, pagine antiche ma sempre attuali, perché lo spirito di ricerca che anima il vero viaggiatore non muta mai, ma il modo di rapportarsi al movimento certamente è cambiato.

Cos’è oggi dunque il viaggio? E’ ancora possibile parlare di viaggio nell’era del turismo di massa? Lo spostamento fisico da un luogo all’altro, se pur lontano ed esotico, non necessariamente può accedere allo status di viaggio poiché non è la distanza che fa un viaggiatore.

Ma allora cos’è che fa la differenza? A mio parere essenzialmente due elementi: motivazione ed attitudine mentale.
Il viaggio è scoperta dell’altrove, un altrove che è geografico ma allo stesso tempo mentale, è un modo di andare oltre i propri limiti. Il viaggio ha sì, dunque, una direzione fisico/geografica ma è sempre anche viaggio dentro se stessi; e la condizione necessaria affinché questo sia possibile è la volontà di guardare (cosa ben distinta dal mero vedere) per conoscere.

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”: trovo che questa frase di Proust condensi eccellentemente lo spirito di cui un viaggiatore che possa realmente dirsi tale non dovrebbe mai essere sprovvisto.

Siate viaggiatori, dunque, non semplicemente “turisti per caso”. Viaggiatori nel mondo, viaggiatori a casa vostra, viaggiatori dentro voi stessi. Coltivate sempre la volontà di entrare in connessione con “l’altro”…”l’altro” rispetto a voi ma anche “l’altro” che è in voi!


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