Baldassare Porto è un catanese di 88 anni che ha scritto una pagina importante della storia dellatletica leggera italiana. Già campione italiano di terza serie nel 1945 per i 200 e i 400 piani, diventa campione italiano assoluto nei 400 col tempo di 47”8, il suo migliore di sempre, nel 1950. Nello stesso anno è medaglia dargento in staffetta 4×400 agli Europei di Bruxelles. Stesso risultato raggiunto ai Giochi del Mediterraneo di Barcellona, nel 1955. Nella sua carriera sportiva vanno annoverate anche le partecipazioni alle Olimpiadi del 1948 e del 1952. E i premi non gli sono mancati nemmeno dopo aver terminato la sua attività agonistica. Sotto forma di onorificenze, come la Stella doro al merito sportivo, la Medaglia di bronzo del Coni al valore atletico, la Palma doro della Fidal – Federazione italiana di atletica leggera nonché la medaglia doro per meriti sportivi e il cavalierato al merito della Repubblica italiana.
Una lunga lista di medaglie e titoli che Baldassare ha incominciato a inseguire sin da quando andava a scuola: lì ha scoperto la sua capacità di correre e di farlo velocemente. Studiava allistituto commerciale De Felice e doveva andare allopera Balilla per fare educazione fisica. Era vicino alla via Plebiscito e, per arrivare prima, con i compagni attraversava la villa Bellini. Un giorno non ha retto alla tentazione di sfidare un compagno che si dava delle arie. «Si vantava di essere veloce, ma lho stracciato. È stato un trionfo e davanti a tutti i compagni», racconta ancora divertito. Il suo primo passo, seppur involontario, verso le gare.
Leco della sua vittoria, infatti, era arrivata alle orecchie del professore. Fu lui a decidere di portarlo al Ludo juvenilis, una competizione giovanile che si svolgeva al Cibali di Catania. Più che un trionfo fu un tonfo. Totale. Al via rimase fermo sul posto. Era giovane, però, e per lui era tutto nuovo. «Entrando al Cibali mi stupivo di ogni cosa, di ogni gesto. Sono rimasto affascinato e paralizzato. Anche in gara purtroppo. Ma io non sapevo neanche cosa fosse il Ludo juvenilis», confessa. Era il 1939 e Baldassare aveva sedici anni. Di lì a poco sarebbe scoppiata la guerra e nel 1944 lo attendeva un posto di lavoro in banca. Ma «non mi piaceva per niente e l’ho lasciato. Sono andato a correre» afferma soddisfatto.
La sua prima società sportiva è stata la Giglio Bianco di Palermo. «Non avevo un allenatore e mi allenavo dove potevo, spesso andavo a Palermo. Non guadagnavo molto, 25mila lire al mese più le spese, ma correvo» ricorda. Diverse le gare regionali e i campionati di terza serie. Dopo la vittoria nel 1945 (primo al campionato italiano di terza serie nei 200 e nei 40) ha cominciato a farsi notare fuori dalla Sicilia. Fino a quando non gli è stato proposto di andare in Trentino, nella società Ata Trento. «Era il 1949 quando mi sono trasferito con mia moglie e le mie figlie. E da allora la mia vita è cambiata. Ho avuto finalmente un allenatore, uno scienziato dellatletica, che mi ha portato a vincere il titolo assoluto. Inoltre mi pagavano ben 80mila lire al mese» spiega scandendo bene la cifra, una bella cifra per lepoca.
Da lì la salita verso il successo. In staffetta con lui agli Europei, ai giochi del Mediterraneo e alle Olimpiadi del 48 Ottavio Missoni. Stilista, sì, ma prima ancora campione di atletica. «Cera unintesa perfetta tra noi. Io facevo il primo quarto e lui il secondo. Non era necessario che ci guardassimo, doveva solo allungare il braccio e al mio segnale, hop!, capiva che doveva correre a più non posso» racconta simulando il passaggio del testimone. Nonostante tante medaglie, però, a Baldassare manca quella più preziosa per ogni atleta, quella olimpica. Se nel 1952 la squadra non si è neanche qualificata, nel 1948 li ha accompagnati la sfortuna. «Uno di noi si è fece male e dovemmo rinunciare. Fu un gran peccato perché avevamo delle possibilità» spiega con voce malinconica mentre guarda una foto di quei giorni.
Baldassare Porto ha terminato la sua carriera sportiva nel 1955, dopo otto anni di attività intensa. Adesso di anni ne ha 88 e da tempo è tornato a vivere a Catania. Una città che ama, ma che non gli ha saputo dare le possibilità che meritava. Lo hanno accolto prima Palermo e poi Trento e solo in questultima ha potuto avere la preparazione atletica necessaria alle competizioni internazionali. «Sono stato molto fortunato», dice.
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