«Se facessero le prove che dico io, si accorgerebbero che il progetto ha delle carenze e che è inaffidabile. Cioè che non ha sicurezza nel tempo». Ad affermarlo – commentando le ultime rilevazioni del comitato tecnico-scientifico riguardo al Ponte sullo Stretto di Messina – è l’ingegnere meccanico Antonino Risitano, già professore ordinario di Costruzione di macchine al Politecnico di Torino e all’Università di Catania. È di mercoledì 13 marzo la notizia di una relazione lunga 53 pagine con cui il Comitato ha approvato il progetto, ponendo però delle raccomandazioni e 68 richieste di aggiornamento. A mancare, secondo gli esperti nominati dallo stesso governo, sono le valutazioni su vento, terremoti, maremoti, studi sui fondali marini e azione combinata del vento e dei carichi di traffico ferroviario e stradale.
Ma secondo Risitano il problema principale è un altro: «Anche se il Comitato ha fatto un buon lavoro, ha parlato solo degli acciai, ma non dei cavi. Su cui è invece importante fare le prove indicate nel 2011: sono prove di fatica che finora non sono state considerate». Esperto di Fatica dei materiali, l’ex docente universitario sostiene che «cavi di questo diametro non sono mai stati costruiti, quindi non si sa come si comportano sotto carico dinamico». Secondo il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, i cantieri per il Ponte apriranno quest’estate o comunque entro la fine dell’anno, ma «per fare quelle prove ci vogliono minimo due anni – dice l’ingegnere meccanico a MeridioNews – e serve preparare le attrezzature, che non esistono». Su questo punto Risitano è molto chiaro: «Se uno dei cavi principali non tiene, il Ponte va giù».
Poi c’è la questione della durata: secondo l’attuale progetto per quanto tempo il Ponte verrà considerato sicuro? «Pur essendo andati al di là delle norme – che prevedono per infrastrutture del genere una vita di 100 anni – la programmazione è stata fatta per 200 anni, ma dovrebbe essere a vita infinita», dice Risitano al nostro giornale. L’ingegnere fa notare come a mancare siano «dati sperimentali per poter dire quanto resiste: se non ho il riferimento del laboratorio, non posso determinare il coefficiente di sicurezza». Altro punto cruciale è quello dell’azione combinata del vento e dei carichi di traffico ferroviario e stradale. «Si è parlato di prove che hanno simulato venti a quasi 300 chilometri orari, ma in galleria del vento questi tipi di prove non si possono fare». Test condotti in singoli punti, ma l’area dello Stretto, dice Risitano, «è soggetta a venti che da una sponda all’altra non sono costanti. Questi variano lungo la linea immaginaria del Ponte, sulla quale non risulta essere stata fatta alcuna campagna di prova per rilevare la velocità del vento».
Obiezioni per le quali Risitano si è spesso guadagnato l’appellativo di No Ponte. Che però rifiuta: «Per fare il ponte a campata unica bisognerebbe aspettare altri materiali e tecnologie che non abbiamo ancora – spiega – Forse fra trent’anni e, a quel punto, si dovrebbe rifare il progetto». Per questo motivo l’ingegnere opterebbe per un altro tipo di ponte. Uno «sicuro, a tre campate, di cui la più lunga misurerebbe 2000 metri, e la cui lunghezza totale sarebbe di circa 4200 metri», perché costruito in un’altra zona. «Poco più a sud di Tremestieri», area nella quale – spiega l’esperto – i venti sono molto meno forti rispetto a quelli dello Stretto. Risitano sottolinea che la sua posizione è «esclusivamente tecnica, non politica, ma derivante da conoscenze scientifiche e dalle mie competenze accademiche. Oggi – conclude – il ponte sullo Stretto a campata unica non è sicuro e non è affidabile».
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