«Io ave che ho fatto la scelta di fare il mafioso, tutti volevano fare il presidente, io il mafioso sempre volevo fare». Parola di Giuseppe Di Giovanni, arrestato con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsione nell’operazione che ha fatto luce sui nuovi assetti di Cosa Nostra ad Alcamo, una delle famiglie più potenti del Trapanese. È lui che, secondo gli inquirenti, avrebbe provato ad alterare i risultati delle ultime elezioni amministrative, provandole tutte per far eleggere la sua compagna: Alida Maria Lauria, candidata consigliera nella lista Insieme si può, a sostegno di Baldassarre Lauria, che arriverà terzo e non accederà al ballottaggio. La donna ottiene 140 voti, non riuscendo a sedere nell’assemblea cittadina.
Eppure, stando alle intercettazioni della squadra mobile di Trapani, Di Giovanni avrebbe provato a mettere in campo tutti i contatti di cui poteva godere nella locale famiglia di Cosa Nostra, oltre a minacce e intimidazioni. «Amore, ormai candidata sono», dice Lauria al compagno il 18 aprile del 2016, due mesi prima delle elezioni. «Allora, possiamo iniziare a chiedere i voti?», replica Di Giovanni. «Amò, a come egghiè». «In qualsiasi modo» è la conclusione della candidata. E l’uomo non si sarebbe fatto pregare. «Dobbiamo fare una lista: mio padre, tutti i miei amici, tutti quelli che lavorano per me, devono portare tutti i voti perché se no li affucu».
A pochi giorni dal voto, il 28 maggio, si verifica un episodio che fa infuriare Di Giovanni. Qualcuno rimuove i fac-simile delle schede per votare Lauria che si lamenta con il compagno. I due conoscono gli autori del gesto e l’uomo è pronto a mettere rimedio allo «sgarro». «Gli dici che questi stanno al loro posto, perché stasera prendono legnate», riferisce alla donna. Stessa prassi con un altro giovane che avrebbe osteggiato la candidatura di Lauria, parlandone male a un’altra candidata che invece aveva finito per far confluire i suoi voti proprio su di lei. «Quel pezzo di cosa inutile, di sbirro – sbotta Di Giovanni, intercettato – dice “non ce ne dare voti”, dice “minchia il suo fidanzato è maliuto“, una cosa inutile, ci sono rimasto io perché quando ci vediamo ci salutiamo e tutte cose». Un’offesa di cui l’uomo parla con il presunto capomafia di Alcamo, Ignazio Melodia, che si impegna a interessarsi della questione.
Di Giovanni viene dipinto nell’ordinanza degli arresti come uomo di fiducia di Melodia, detto u dutturi, il cui padrino di affiliazione sarebbe Matteo Messina Denaro. Da Melodia passano tutte le decisioni importanti, a cominciare dalle estorsioni per finire coi rapporti con le altre famiglie trapanesi. Di Giovanni non solo gli fa da autista, ma «partecipa a incontri riservati al suo fianco, nelle quali – si legge – sono state affrontate delicate questioni d’interesse mafioso». Il rapporto è talmente consolidato che il compagno della candidata invita il capomafia ad andare a visitare il comitato elettorale.
Le settimane che precedono il voto trascorrono così. La candidata pare accettare di buon grado l’aiuto del compagno, ma in alcuni momenti sembra essere assalita dai dubbi. «Ha una visione che è troppo farwest – dice riferendosi al compagno, parlando con la sorella di lui – (dice ndr) “se qualcuno ti tocca io non lo ammazzo?”. Ma questa vita è? Ma a me chi mi deve toccare? Gli ho detto “ma che.. questa vita è?”. I danni che ha fatto il film Il Padrino… gli ho detto ti sei guardato troppo Il Padrino perché ti sembra che è uscito tutto da un film».
Si dichiara incredulo, invece, Baldassare Lauria, l’avvocato che l’anno scorso si candidò a sindaco ad Alcamo e che era sostenuto dalla compagna di Di Giovanni. «Sono basito, non ero a conoscenza di dette dinamiche – dichiara a MeridioNews -. Alida Lauria è una persona per bene, conosco la sua famiglia da sempre e parliamo di persone per bene». L’avvocato, poi, aggiungere di non essere mai entrato in contatto con il presunto esponente del clan Melodia. «Non ho mai conosciuto il suo compagno. Valuto la possibilità di costituirmi parte civile».
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