Come alla vigilia di ogni impegno elettorale, nel centrodestra si sta consumando l’ennesima telenovela: tavole rotonde su tavole rotonde per arrivare al nome di un candidato che, alla fine, sarà contestato da Fratelli d’Italia. Discorso valido più che mai a Catania, dove i papabili sono tanti, in particolare la leghista Valeria Sudano, ma allo stesso tempo dove i meloniani non intendono perdere la poltrona che fu del loro coordinatore per la Sicilia orientale, Salvo Pogliese. Ma a tenere banco, prima di ogni cosa, c’è il grosso imbarazzo in casa Forza Italia, con il partito che rischia seriamente di non avere liste con il suo simbolo nei tanti Comuni al voto a maggio.
La situazione è semplice: Foza Italia ha risolto a sfavore di Gianfranco Miccichè i tumulti a palazzo dei Normanni, con il coordinatore regionale azzurro che ha rinunciato al secondo gruppo parlamentare chiamato Forza Italia, quello con dentro i lealisti all’ex presidente dell’Assemblea regionale, in aperta polemica con Renato Schifani, reo di avere lasciato lo stesso Miccichè con il cerino in mano, fuori da tutti i giochi per una carica di responsabilità, sulla scia dei diktat di Fratelli d’Italia e di Nello Musumeci, che con Miccichè ha battagliato durante tutta la passata legislatura. Alla fine, l’ex ministro è stato abbandonato anche dai suoi fedelissimi e ora siede da solo tra i banchi del gruppo misto, di cui è capogruppo in quanto unico componente.
Ma Forza Italia non aveva fatto i conti col fatto che Miccichè è ad oggi il commissario azzurro per la Sicilia. E in quanto tale, l’ex presidente dell’Ars è l’unico titolato a concedere o meno le insegne berlusconiane per le liste elettorali. Sulla spiacevole impasse è intervenuto oggi persino Renato Schifani, a margine della conferenza stampa sulla reintroduzione delle province. «La situazione di Forza Italia è critica – dice il presidente della Regione – Critica e pirandelliana. Non aggiungo altro». Il riferimento, chiaro, è proprio alla posizione di Miccichè, ma l’inquilino di palazzo d’Orleans non ha voluto sbilanciarsi fino alla fine, quando incalzato dai cronisti ha sbottato. «È una situazione critica e pirandelliana perché da una parte c’è il presidente della Regione, con un gruppo compatto che lo sostiene al governo e all’assemblea, dall’altra c’è un coordinatore regionale che ormai coordina soltanto se stesso». Parole che certo non chiudono una partita che si prospetta lunga e combattuta.
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