È il primo cinque gennaio senza Elena Fava. Ha trascorso gli ultimi 32 anni della sua esistenza a tenere in vita la memoria di Giuseppe Fava, giornalista ucciso da Cosa nostra, suo padre. Inizialmente difendendola dalle storpiature di chi si ostinava a nascondere la matrice mafiosa del delitto. E in seguito dedicandosi a tramandarla di generazione in generazione. Ne sono passate almeno quattro sotto la lapide posta di fronte al Teatro Stabile, sul luogo dell’omicidio del fondatore del giornale I Siciliani. Lapide che in un primo momento – quando ancora le istituzioni cittadine negavano che a Catania ci fosse la mafia – era fatta di cartone e fu collocata lì dagli studenti.
Mentre quegli studenti diventavano adulti, Elena ha scelto di dedicarsi a tenere viva la memoria soprattutto tra i più giovani. MeridioNews decide di raccontare la storia di Giuseppe Fava proprio attraverso le voci, gli sguardi, i gesti degli studenti che hanno frequentato la scuola media Parini: Beatrice, 14 anni, Pietro e Saverio, 13. La Parini è l’ultimo istituto in cui Elena Fava ha avuto modo di incontrare i ragazzi e le ragazze di Catania. Il loro racconto non fornisce soltanto una ricostruzione della storia più puntuale di quella di molti adulti, ma testimonia al tempo stesso ciò che il lavoro di Elena e della Fondazione da lei creata ha affidato alla città.
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