Pillirina, attivisti ricorrono al Cga contro il residence Futuro della costa incontaminata in mano alla giustizia

Per l’area di Punta della Mola della Pillirina a Siracusa inizia un nuovo capitolo. Che vede sempre gli ambientalisti da una parte e dall’altra la società del marchese piemontese Emanuele di Gresy con il suo progetto di restaurare i caseggiati bellici e trasformarli in un residence. Il ricorso presentato da Legambiente è stato rigettato dal Tar perché sarebbe arrivato in ritardo. Una sentenza ritenuta «ingiusta» dall’associazione – condannata anche a pagare il rimborso delle spese – che ha già reso nota l’intenzione di fare appello al Cga. «È stato ritenuto tardivo perché – spiega a MeridioNews l’avvocato Paolo Tuttoilmondo – il tribunale ha conteggiato i 60 giorni di tempo per presentarlo a partire dal giorno in cui il parere della Soprintendenza è stato pubblicato dalla stampa e non da quello in cui abbiamo ottenuto gli atti». Tra le due date c’è circa un mese e mezzo di distanza. «Seguendo questo ragionamento – aggiunge Fabio Morreale di Natura Sicula – l’associazione ambientalista avrebbe dovuto presentare il ricorso senza conoscere il contenuto del provvedimento, basandosi solo su alcuni articoli». 

Per questo, dal loro punto di vista, ci sarebbero tutti gli estremi per rivolgersi al Consiglio di giustizia amministrativa. «Siamo sereni sotto ogni punto di vista – rispondono al nostro giornale da Elemata Maddalena Srl – perché il provvedimento della Soprintendenza a cui gli ambientalisti si appellano è solido sotto ogni punto di vista: paesaggistico, archeologico e architettonico». Dopo essersi visti respingere il progetto per realizzare un resort di lusso, dalla società ne è stato presentato uno nuovo che prevede di sistemare i fabbricati già esistenti e creare delle villette con 23 posti letto in totale e che ha già ricevuto l’ok della Soprintendenza. «Non ci hanno regalato niente – sottolineano da Elemata – I nostri legali sono stati sentiti in tre lunghe audizioni dai dirigenti dell’ente che tutela i beni culturali. E ci sono stati dati tutti i paletti previsti per la realizzazione delle opere». 

Tra tutti, il divieto da parte della sezione archeologica di manomettere anche il sottosuolo, motivo per cui «realizzeremo tutta la rete dei servizi con i tubi sovraterra – spiegano – e abbiamo già presentato anche un campione». Una volta che i lavori avranno ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, sarà possibile ricostruire un’abitazione per volta e usare solo cingolati gommati e un numero ridotto di operai. Tutto per evitare che il carico eccessivo di materiale edilizio, mezzi e persone possa danneggiare l’area che è sottoposta a dei vincoli ma aspetta ancora di diventare riserva. «Prima di posare la prima pietra – assicurano dalla società – aspetteremo che la vicenda si chiuda». Oltre alle questioni ancora aperte, mancano anche alcuni nullaosta che dovranno poi confluire al Comune che dovrà rilasciare il permesso di costruire. «È previsto anche che ci sia un archeologo a seguire l’esecuzione delle opere e faremo tutto senza vandalizzare nulla», assicurano da Elemata. Rassicurazioni che non tranquillizzano gli ambientalisti che da anni portano avanti una battaglia per «salvaguardare un’area che è sottoposta a vincolo sia paesaggistico che archeologico – affermano da Legambiente – e che è diventato un luogo di riferimento per siracusani e turisti». 

A riaccendere i toni, negli ultimi giorni, è stata una nota «di biasimo in replica» pubblicata sulla pagina Facebook Elemata Maddalena in cui a parlare in prima persona è direttamente il marchese di GresyLegambiente e Natura Sicula vengono descritte come «soggetti del terzo settore a forte caratterizzazione ideologica e politica che, da anni e in maniera platealmente persecutoria, insistono nel tentativo di esproprio proletario». Un’opzione mal digerita dalla società che, nel 2008, ha comprato il terreno pagandolo ai precedenti proprietari tre milioni e 500mila euro. «Abbiamo sostenuto investimenti, non condotto speculazioni. Abbiamo proposto solo occupazione e sviluppo qualificato – si legge nel post – opportunità per un territorio meraviglioso che necessita di tutele non di abbandono». Tra le due parti, c’è stato un tentativo di incontro che, però, non è andato a buon fine. «I nostri legali lo hanno formalmente proposto a quelli di controparte per capire se la questione potesse essere affrontata in modo diverso – dicono da Elemata – ma abbiamo ricevuto un rifiuto». Una ricostruzione confermata anche dagli ambientalisti che non hanno ritenuto utile un confronto, convinti che comunque non sarebbe stato possibile trovare un compromesso


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