La Sicilia come ponte necessario per le strategie energetiche nazionali. Sembra una beffa nelle settimane in cui migliaia di cittadini dell’Isola sperimentano lunghi e continui blackout elettrici – con conseguente assenza di acqua nelle case per giorni -, eppure è quanto emerge dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2023 (Pniec), presentato dal ministero dell’Ambiente all’Unione europea. Più di 400 pagine, con progetti e buoni propositi per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati a livello comunitario al 2030, prima dello stop previsto nel 2050. Un percorso rallentato anche dalla pandemia da Covid19 e dalla guerra russa in Ucraina, con conseguente ricerca di fornitori alternativi di gas. Al governo, adesso, toccherà non solo pensare alle grandi industrie inquinanti, ma anche a «misure drastiche nella riduzione dei consumi e delle emissioni carboniche del terziario, del settore residenziale e in particolare del trasporto». E produrre energia in modo nuovo, che guarda soprattutto al Mediterraneo e alla Sicilia come porta d’ingresso per l’Italia.
Tanto sole, meno vento, un po’ di moto ondoso. Quando si pensa alla Sicilia, si pensa alle fonti rinnovabili. Non solo le proprie, ma anche quelle del vicino Nord Africa. La questione, nel piano nazionale, ha un punto fondamentale: rendere più veloci gli iter autorizzativi degli impianti – protagonisti, in Sicilia, anche di un acceso scontro politico – e aumentare i contributi. Per lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo, con incentivi fiscali e misure specifiche per contesti particolari, come le piccole isole, per lo più alimentate ancora da generatori diesel. Le stesse citate nel piano a proposito della ricerca sull’energia marina nel Canale di Sicilia: «con una densità di potenza stimata in oltre 20 volte quella della risorsa eolica e con maggiore prevedibilità», secondo il ministero, sarebbe «più una necessità che una scelta». Definizione applicabile anche al nodo delle pubbliche amministrazioni, con edifici e abitudini poco efficienti. Basti pensare all’assemblea regionale siciliana, dove è bene portare il cappotto d’estate e il costume d’inverno. Non a caso la Sicilia risulta la quarta regione italiana per consumi elettrici nel settore pubblico: secondi solo al Lazio per la quota utilizzata dagli uffici e alla Lombardia per l’illuminazione.
«In Sicilia l’alimentazione del sistema elettrico è garantita da un parco termico in parte vetusto – si legge nel documento – In particolare, la distribuzione del parco di generazione (dell’elettricità, ndr) rende il sistema siciliano estremamente squilibrato, rappresentando una criticità per l’integrazione della nuova generazione rinnovabile». Criticità a monte, che non migliorano nella rete di distribuzione a giudicare dallo stato dei cavi. Lo sa Terna – il gestore delle reti elettriche italiane -, lo sa il ministero e, da questa estate, lo sanno anche i cittadini. Prioritari, secondo il piano, sono gli interventi sulla rete di Ragusa e Catania, «sensibili a buchi di tensione e microinterruzioni», e sugli elettrodotti Paternò-Pantano-Priolo, Chiaramonte Gulfi-Ciminna e Partanna-Ciminna. Per l’Isola, intanto, sono previsti diversi progetti, a partire da quelli di Terna per 3,2 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, l’investimento più alto d’Italia. Si andrà dall’aumento della capacità di stoccaggio dell’energia elettrica a due grandi piani: Hypergrid, la rete di trasmissione in corrente continua attraverso una dorsale dalla Sicilia al Lazio nel tratto tra Priolo, nel Siracusano, e la Calabria; e il Tyrrhenian link, un doppio cavo sottomarino che collegherà Campania, Sicilia e Sardegna attraverso l’approdo siciliano di Fiumetorto, a Termini Imerese, nel Palermitano. Dall’Isola passano anche i collegamenti con la Tunisia – al momento con lo scambio più basso d’Italia, ma per cui è in fase di autorizzazione un nuovo collegamento sottomarino – e con Malta, dalla stazione elettrica di Ragusa.
«Un miliardo circa per attrezzare la Sicilia a ricevere navi gasiere», con a bordo gas liquido da riportare allo stato aeriforme nei rigassificatori. L’anno scorso, la dichiarazione dell’amministratore di Enel Francesco Starace aveva riacceso il dibattito su un vecchio progetto dei primi anni Duemila a Porto Empedocle, nell’Agrigentino. Destinato a rimanere nel cassetto, secondo i piani del ministero che prevedono solo due nuove strutture a Piombino e Ravenna, pur lasciando la porta aperta alla valutazione di «ulteriori iniziative nel sud Italia e in Sardegna». Quello che invece riguarderà di certo l’Isola è il raddoppio del corridoio sud tramite Tap (Trans Adriatic Pipeline) che permetterà di aumentare i metri cubi di gas dall’Azerbaijan. Insieme a quella che al momento è la linea principale per tutta la nazione: il gasdotto Transmed con l’Algeria, collegato alla Sicilia a Mazara del Vallo, nel 2022 al primo posto nazionale per capacità, incrementata per aggirare la mancata importazione dalla Russia. E poi c’è Gela, da cui passano sempre meno metri cubi di gas dalla Libia con il gasdotto Greenstream, ma al centro dei lavori di costruzione per un nuovo impianto di produzione di gas naturale (erogazione prevista per la fine del 2023) e di un progetto per un nuovo gasdotto di interconnessione con Malta per l’esportazione.
Nel piano nazionale si immagina anche l‘idrogeno come alleato della decarbonizzazione. Buoni propositi, allo stato, più che progetti concreti. Tanto da citare il piano della Regione siciliana: con un bando finanziato dal Pnrr portato avanti a fatica (e ora fermo nei finanziamenti in attesa proprio del ministero) e un tavolo regionale di esperti avviato sei mesi dopo il suo annuncio, ma mai davvero riunito dopo quasi un anno. Sembra insomma di essere ancora lontani dal «corridoio meridionale dell’idrogeno nell’Unione Europea» immaginato in una lettera dai ministeri dell’Energia di Austria, Germania e Italia: 3.300 chilometri per portare l’idrogeno da fonti rinnovabili prodotto dal Nord Africa – con la Sicilia come punto di ingresso -, insieme a quello delle hydrogen valleys nostrane, dall’Italia verso gli altri due Paesi europei. Un’idea che è anche un progetto – il South H2 corridor – che prevede la creazione di nuove infrastrutture e l’adattamento di quelle già esistenti per il trasporto del gas lungo il Paese. In Sicilia, si segnalano inoltre i 15,4 milioni di euro dal Pnrr assegnati alla Ferrovia circumetnea di Catania per la creazione di impianti di produzione e stoccaggio dell’idrogeno che andranno ad alimentare treni di nuova generazione.
Se per raggiungere gli obiettivi entro il 2030 servirà guardare non solo alle industrie ma anche alle case, il ministero nel suo piano anticipa alcune delle ricette che intende mettere in campo. A partire dalla conferma, seppur in nuove formule, delle detrazioni fiscali per l’efficientamento energetico degli edifici, i cosiddetti ecobonus. Viene invece definita «in fase di sviluppo l’iniziativa denominata Reddito energetico», per la realizzazione di impianti fotovoltaici per l’autoconsumo e destinata alle famiglie in condizione di disagio economico, soprattutto al Sud. L’idea è quella di eliminare per i beneficiari il costo iniziale dell’impianto in cambio della cessione al gestore dei servizi energetici del contributo sull’energia prodotta e autoconsumata e dell’energia stessa in eccesso. «Si stima che potranno essere installati circa 100-180 megawatt di impianti fotovoltaici a servizio di 30-60mila famiglie – si legge nel piano – Ulteriori impianti potranno essere installati, in considerazione della rotatività del fondo».
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