Petrosino, area protetta lottizzata abusivamente Condannato a due anni e mezzo un imprenditore

Una zona a protezione speciale di Margi Nespolilla, alle spalle della spiaggia di Torrazza a Petrosino, in provincia di Trapani, lottizzata abusivamente. È per questo che l’ex imprenditore del settore ristorazione-alberghiero, Michele Angelo Licata, è stato condannato a due anni e mezzo per i reati di abusivismo edilizio, lottizzazione abusiva e danno ambientale. 

A condannare l’imprenditore è stato il giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte, che ha disposto anche la confisca – con trasferimento al patrimonio del Comune di Petrosino – dei 18 ettari di terra sui quali, secondo l’accusa, la società Roof Garden di Licata avrebbe tentato di realizzare un grande complesso alberghiero con campo da golf.

Nel processo, il Comune di Petrosino si è costituto parte civile insieme al Circolo Marsala-Petrosino di Legambiente e all’associazione Codici Onlus. A rappresentare l’amministrazione comunale guidata da Gaspare Giacalone sono stati gli avvocati Giuliano Pisapia (ex sindaco di Milano) e Valerio Vartolo. Alle parti civili il giudice ha accordato risarcimenti non patrimoniali da 20mila a duemila euro. Per il Comune la quantificazione dei danni patrimoniali è stata invece rinviata al tribunale civile. 

«Abbiamo cominciato questa battaglia con una petizione lanciata nel 2011 – racconta a MeridioNews il primo cittadino – che ha raccolto oltre 2400 firme contro la privatizzazione della spiaggia di Torrazza». All’epoca, i terreni confiscati appartenevano a Calcedonio Di Giovanni, imprenditore di Monreale al quale è stato sequestrato, per mafia, un patrimonio di 450 milioni di euro. «Allora io vivevo fuori e tornavo solo per le vacanze, ma è stato il nostro modo di accendere i riflettori sulla vicenda per difendere il territorio da chi voleva usurparlo». Il riferimento è all’imprenditore Michele Angelo Licata che aveva presentato prima un progetto unico che era stato bocciato perché l’area interessata era una zona a protezione speciale. In seguito a questo, il 54enne aveva spezzettato il progetto per ottenere l’approvazione.

«Il giorno in cui sono diventato sindaco è stato anche quello in cui si firmava l’ultima concessione per il caseificio. In realtà, però – precisa il sindaco – erano hotel travestiti da caseifici per usufruire dei fondi della Regione. Anche perché non si sono mai viste delle pecore messe a pascolare accanto a una struttura di cemento con vista mare». Giacalone, appena insediato, non riesce però a bloccare la concessione. «È così che lui in pochi giorni e poche notti costruisce tutto. Anche con questa condanna – aggiunge – io non credo che la vicenda sia conclusa perché non mi stanco di dire che è impossibile che abbia fatto tutto da solo. Vorrei sapere- conclude – se ci sono delle responsabilità anche all’interno del mio municipio nella gestione di tutta questa vicenda».

Il 54enne Licata era già stato condannato in primo grado nel dicembre 2016 a quattro anni, cinque mesi e 20 giorni di reclusione per evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione; nel 2015, a seguito di un’indagine della guardia di finanza, gli sono stati sequestrati ristoranti, alberghi, società e liquidità per circa 130 milioni di euro.


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