Non è chiara l’origine della tradizione popolare, diffusa sia in Europa sia negli Usa (dove si chiama “All Fool’s day”, il giorno di tutti i matti), in cui si usa fare scherzi il primo di aprile.
In Italia e in altri paesi si parla di “pesce d’aprile”, probabilmente con riferimento allo scherzo che Cleopatra, regina d’Egitto, avrebbe giocato al suo amante Antonio, facendo appendere alla sua lenza un pesce fasullo, e lo scherzo consiste spesso proprio nell’appendere un pesce di carta alla schiena di una persona, senza che se ne accorga.
Di certo si può dire che l’espressione “pesce d’aprile” si trova documentata per la prima volta in Italia nel 1875, ma in Francia, l’usanza di fare burle il primo giorno del mese di aprile, risale agli anni a cavallo tra il XV e XVI secolo.
La tradizione è molto viva anche oggi: trai pesci d’aprile più famosi quelli fatti dai giornali, come l’annuncio del trasferimento di monumenti, dalla Torre Eiffel alla Madonnina del Duomo di Milano, o burle architettate con cura, come le migliaia di volantini che invitavano i genovesi a ritirare una “fantomatica card” per non pagare il pedaggio in autostrada.
Lo scherzo, soprattutto quello bonario, è fisiologico, fa bene perché fa ridere; oltre ad essere una forma di scoperta creativa, è anche un’ottima valvola: permette di scaricare senza danni le quote di aggressività che ciascuno di noi ha. Ma soprattutto, come diceva il musicista Fryederyk Chopin: “Chi non ride mai, non è una persona seria”.
Largo alla fantasia, dunque, e buon pesce d’aprile a tutti.
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