Nulla contro la magistratura: giusti e corretti i controlli anche in questo settore. Qualche dubbio, invece, sull'enfasi mediatica fuori luogo
Perché il ‘presunto’ scandalo dei Teatri siciliani ci rattrista e ci preoccupa
NULLA CONTRO LA MAGISTRATURA: GIUSTI E CORRETTI I CONTROLLI ANCHE IN QUESTO SETTORE. QUALCHE DUBBIO, INVECE, SULL’ENFASI MEDIATICA FUORI LUOGO
Il nostro giornale nutre un grande rispetto per la magistratura in generale e per quella di Palermo in particolare. Quando parliamo di Giustizia nel capoluogo siciliano non possiamo e non dobbiamo dimenticare a prezzo di quali ‘veleni’ e di quali polemiche – spesso pretestuose – la Procura della Repubblica di Palermo ha condotto, ad esempio, l’inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Per non parlare dell’azione di chiarezza che sta portando avanti nel complicato mondo della pubblica amministrazione siciliana.
L’inchiesta di ieri sulla sanità pubblica – che è il vero punto nevralgico della pubblica amministrazione siciliana – ci dice quanto importante sia l’azione della magistratura. Soprattutto oggi che le risorse finanziarie diminuiscono, è più che mai importante snidare il malaffare che imperversa nella sanità pubblica siciliana, per liberare risorse in favore dei nostri ospedali pubblici che scelte scellerate del passato Governo regionale – e anche dell’attuale Governo (si pensi alla chiusura dei Punti nascita mai riaperti, o ai tagli di uomini e risorse ai Pronto soccorsi dell’Isola) – hanno ridotto al lumicino.
Ma appunto perché crediamo nell’azione della magistratura ci permettiamo di sollevare qualche dubbio non sull’inchiesta che coinvolge Teatri e uomini e donne di Teatro della Sicilia, ma sul rilievo mediatico che tale inchiesta sta assumendo.
Con una premessa: che in Sicilia, già da una decina di anni a questa parte, le risorse destinate ai Teatri siciliani e, in generale, a tutte le attività culturali sono drasticamente diminuiti.
Le stagioni teatrali e, in generale, le manifestazioni culturali degli anni ’80 e degli anni ’90 del secolo passato, a Palermo, a Catania e a Messina in prima luogo, ma anche nel resto dell’Isola sono ormai un pallido ricordo.
In questa inchiesta si parla di fondi dell’assessorato regionale ai Beni culturali. Gli inquirenti ipotizzano un’utilizzazione impropria di queste risorse finanziarie e – a quanto si legge sui giornali – anche di organizzazione di spettacoli ‘fantasma’, cioè mai realizzati.
Per carità: giustissimo che la Giustizia faccia il proprio corso. Però teniamo in debito conto ciò di cui stiamo parlando: circa 2 milioni di euro per oltre settanta soggetti – società, associazioni culturali e quant’altro – che operano in questo settore.
Ecco, non vorremmo che, nell’immaginario dei siciliani passassero idee sbagliate. Per esempio, che in Sicilia ci sono sprechi nelle attività culturali. Perché non è affatto così: perché negli ultimi dieci anni le risorse finanziarie che le amministrazioni pubbliche siciliane – Regione, Province e Comuni – hanno messo a disposizione delle attività culturali sono state poche, molto poche rispetto al passato.
Non vorremmo che, nell’immaginario dei siciliani, passasse l’idea – totalmente sbagliata e destituita di fondamento – che gli sprechi, o presunti tali, nella cultura siano simili a quelli della sanità siciliana. Cerchiamo di restare con i piedi per terra e di guardare ai numeri: un conto sono i 2 milioni di euro che l’assessorato regionale ai Beni culturali destina ai Teatri, altra e ben diversa cosa sono i 9 miliardi di euro che volano via ogni anno per tenere in piedi una sanità pubblica siciliana che va sempre più indietro.
Ribadiamo a scanso di equivoci: giusti, corretti i controlli anche su chi opera nella cultura. Precisando, però, che un conto è il mega appalto per i pannoloni della Asp 6 di Palermo, che passa da 50 milioni a 10 milioni di euro dopo un minimo controllo di legalità, mentre altra e ben diversa cosa sono i piccoli Teatri o le piccole compagnie che con 50, 100 mila euro di contributi all’anno debbono organizzare tre o quattro spettacoli, pagare gli affitti, pagare gli attori e, soprattutto, inventarsi la vita 365 giorni all’anno per sopravvivere.
Evitiamo i moralismi da farisei: con la crisi che viviamo, con la spaventosa riduzione dei fondi alle attività teatrali e, in generale, alle attività culturali non troviamo affatto scandaloso che non si arrivino a pagare i contributi.
Dopo di che, se ci sono stati furbi, è giusto che paghino. E siccome noi le cose le scriviamo tutte, non abbiamo alcun timore ad affermare che molti di questi settanta e più soggetti coinvolti noi li conosciamo: non da ora, ma da anni. E sappiamo che la maggior parte di loro non ha mai navigato nell’oro. Gli riconosciamo, questo sì, una grande passione e un grande amore per il loro lavoro e siamo rattristati e amareggiati – molto rattristati e molto amareggiati – per tutto quello che sta succedendo.
Già, grazie a un Governo regionale di inetti abbiamo tutti i Teatri più importanti della Sicilia senza risorse finanziarie. Già abbiamo quasi tutte le associazioni, gli enti e le fondazioni culturali senza soldi. La grande vivacità culturale della Sicilia degli anni ’90 è scomparsa.
In questo scenario si inserisce questa brutta storia. Che, lo ribadiamo, ci rattrista. Perché già le attività culturali, in Sicilia, sono in disarmo. Adesso è arrivata quest’altra mazzata ai Teatri. Con il rischio che anche quel poco che è rimasto venga compromesso.
Detto questo, prendiamo tutti atto che senza cultura non andiamo da nessuna parte. Quello che ci auguriamo è che si arrivi prestissimo alla verità dei fatti per non perdere quel poco che è ancora in piedi. Chiediamo troppo? Non ci sembra.
A Palermo, a Catania e, in generale, in Sicilia il Teatro è sempre stato al centro della vita culturale. E tutti, in questo momento, dovremmo essere molto preoccupati per quello che sta succedendo. Perché da questa storia c’è il rischio – che speriamo venga scongiurato – di venirne fuori ancora più poveri di quanto siamo. E parliamo di quella povertà culturale che non è meno grave e meno pericolosa della povertà che, purtroppo, nella Sicilia del clientelismo, della disoccupazione e della mafia conosciamo bene.