TRIBU' DI ZAMMU' / Riprendiamo il post di Toni Piccini che esprime le sue considerazioni riguardo alla ormai nota ed incandescente vicenda "Lou Reed-Etnafest"
Perchè?
Un saluto, innanzitutto mi presento: il mio nome è, come da nick, Toni Piccini e, abitando ad oltre 1000 chilometri di distanza, non conosco la realtà catanese.
Non è il fatto d’aver scritto due articoli per step1 (che conosco solo tramite web) a spingermi a postare questo mio intervento, semplicemente leggendo gli interventi nel topic in questione m’ha pervaso un certo stupore, ed è questo che mi induce a scrivere. Lungi da me l’idea di voler fare un gioco delle parti.
Premetto d’avere rispetto a Riccardo Marra un’opinione diversa riguardo a questo tour di Lou Reed, di non conoscerlo di persona nè di aver mai parlato con lui; mettendo insieme un pò di cose lette immagino sia uno studente dell’università di Catania il quale s’occupa di musica rock, e di (non solo) questa scrive; se le mie e le sue opinioni viaggino sorelle non è cosa fondamentale.
Ho scritto tanto per dare a chi legge un minimo quadro del dove nascano queste righe. Riguardo al perchè nascano, ammetto che lo stupore è stato non poco leggendo gli interventi di Gianni Morelenbaum Gualberto che ho scoperto essere (grazie ai cari motori di ricerca) il Direttore Artistico dell’Etnafest per quanto concerne la parte musicale, nonchè insegnante alla Bocconi di Milano.
VENGO ORA AL PUNTO:
non capisco perchè tanta acredine e mancanza di rispetto caratterizzino i suoi post, oltre ad un gran sfoggio di cultura; non comprendo questo porsi nell’Olimpo e da lì sprezzare, condendo il tutto con ironia, di quale lega non giudico.
Perchè non porsi in una posizione di, anche durissimo, dialogo, invece di pontificare e disprezzare scrivendo ?
Al riguardo, non credo abbia bisogno di grandi commenti una frase come “Qualche leggiucchiata mi sa che dovrebbe toccare a Lei: mi rendo conto, però, che non Le basterebbe una vita… Se in oltre vent’anni ha accumulato così poco… Vero è che la speranza è l’ultima a morire. Speriamo che Lei sia un grande ottimista…
Adieu, R. R.: mi scriva – se proprio insiste – quando si sarà fatta una discreta conoscenza su qualcosa. Qualcosa. Di qualsiasi tipo.”, senza ora invadere spazio riportando altri passaggi dei post.
Soprattutto non credo sia questo l’atteggiamento da assumere e nel contempo evitare di rispondere ad una precisa domanda, che riporto: “Ho una curiosità infine, una domanda a cui l’altra volta non ha dato risposta: volevo sapere se ha solo scritto a noi di step1, attaccandoci in quel modo o se ha mandato mail anche alle altre testate che non hanno scritto con toni trionfalistici del concerto di lou reed, se ha scritto a La Sicilia, al Tg3 e via dicendo…”
Sinceramente, da un Direttore Artistico mi aspetto (opinione personale, naturalmente) qualcos’altro a livello di comunicazione. Professor Morelenbaum, come Lei ben saprà, c’è una grossa diferenza fra denigrare e criticare. In questo topic vi è stato chi ha criticato, senza usare peli sulla lingua (ilpazzosullacollina), anche duramente, ma è una critica, non un denigrare: glielo lascio come spunto di riflessione.
Chiudo questa mia con un dissentire su talune affermazioni ed una considerazione:
1) il dissentire
riguardo al rock Lei scrive: “Le sue radici affondano in quella cultura africana-americana e americana da cui emerse il rock&roll (arte essenzialmente bianca, alterazione per la borghesia bianca americana dei materiali condensatisi, fra gli altri, nel R&B) e che non sempre si specchia nel substrato culturale nostrano. Non metto in dubbio che il rock abbia saputo farsi carico, nel corso dei suoi sviluppi, di una serie di problematiche abbandonate o trascurate da linguaggi che aspiravano ad una maggiore complessità, come il jazz: a mio parere rimane un vernacolo ben lontano dalle corde espressive di gran parte dell’Europa (il “penchant” di molti musicisti inglesi per il blues conferma, d’altronde, che non è semplice avvicinarsi a materiali che, in fondo, sono linguisticamente alieni), che del rock ha spesso riprodotto la mera apparenza, con un tocco à la Dorian Gray di cui non so quanto si sentisse il bisogno. “
mi sembra riduttivo per quanto riguarda la musica del vecchio continente, e faccio qualche esempio: i Led Zeppelin partono dal blues, ma raggiungono picchi che con questo nulla hanno a che fare, vedi ad esempio “Immigrant song”, “Stairway to heaven” (possibilmente nella versione contenuta in “The song remains the same”), “Thank you”, etc etc…Gli Who al’inizio amavano registrare anche brani (fino a poco tempo fa inediti) quali “(Love is like a) heat wave” di Martha Reeves and the Vandellas (scuderia Motown), ma il loro percorso è contraddistinto da My Generation e dall’album “WHo’s next”…etc etc…Per non parlare poi della scena progressive: i King Crimson di Robert Fripp, i Family etc etc…non vi trovo dentro né quel ” penchant ” né quell’aver ” riprodotto la mera apparenza, con un tocco à la Dorian Gray di cui non so quanto si sentisse il bisogno ” di cui Lei scrive. Possono risultar dandy un Brian Ferry (Roxy Music) o un Morissey (Smiths) ma di certo non sono mera apparenza…
infine, che dire d’una parola quale PUNK, movimento musicale (oltre che culturale) nato in Inghilterra, diffusosi nel mondo, con il grosso merito di ridare vita al rock, quando questi non è che godesse di grandissima salute?
2) la considerazione
premetto che ho apprezzato molto il concerto di Lou Reed e le scelte da lui fatte per questo tour. Mi chiedo al riguardo, stante che Lei di musica ne sa (a prescindere dalle opinioni personali, che ci possono vedere concordi o meno), perchè abbia affidato la presentazione del concerto di Lou Reed (leggo sul programma Etnafestival) a chi ha scritto le seguenti righe (e come mai Lei ne abbia poi autorizzato la stampa):
” Lou Reed. L’icona del rock fra la modernità del presente e la rilettura del passato
Grande icona del rock e della cultura di fine Novecento, si esibirà assieme al suo gruppo abituale, presentando non solo l’ultima incisione realizzata ma anche una rivisitazione del proprio repertorio storico”
Ora, a prescindere che mi sentirei ingannato se avessi pagato un biglietto dopo aver scelto d’andare al concerto grazie a questa presentazione:
1) E’ cosa nota che da tempo Reed non ha un gruppo abituale, ma alcuni musicisti fissi ( Fernando Saunders al basso e Mike Rathke alla chitara ) più altri ( con ruoli ed incidenza tutt’altro che marginali ) a seconda dei tour ( vuoi Jane Scarpantony al violoncello e Antony vocalist in un tour senza batteria, vuoi Tony ” Thunder ” Smith alla batteria e/o Robert Wasserman al contrabasso, seppur molto più di rado)
2) dall’ultima incisione in questo tour presenta solo “Who am I”.
3) il proprio repertorio storico viene lasciato da parte, per proporre bellissime e dilatate esecuzioni di brani non conosciuti dai più. A me, ripeto, sono piaciute moltissimo, ma nulla hanno a che vedere con quanto prospettato dalla presentazione riportata sul programma di Etnafest (visto in internet: parecchio interessante, pur se il rock quasi non vi compare)
Senza ves polemica,
un saluto
Toni Piccini