Roma, 30 aprile 2004 – Il boss Gaetano Badalamenti, detenuto nel carcere di Fairton negli Stati Uniti, è morto. Il capomafia sarà sepolto negli Usa, lo hanno deciso i familiari.
Così recita l’Ansa del 30 Aprile scorso, e così che probabilmente si conclude la vicenda “Omicidio Impastato” datata 9 Maggio 1978 a ben 26 anni di distanza.
Quella morte, quel “suicidio” sui binari non convinse mai nessuno, chi conosceva il personaggio ha sempre stretto a sè la consapevolezza che non avrebbe mai fatto un gesto simile soprattutto a pochi giorni da una sua palpabile elezione.
Non è difficile trovare materiale su Giuseppe Impastato, la sua storia e la sua vita presentano degli elementi innatamente didascalici e sembrano essere state scritte dal destino con chirurgica precisione ed efficacia.
Perché la sua lotta contro la mafia, lotta fatta di iniziative, comizi di piazza, sovversione non armata, diffusione di una cultura di giustizia, avveniva principalmente contro tutto ciò che da piccolo era stato costretto ad ammirare: il padre.
E qui si ritorna al destino succitato, Peppino, poco più che ventenne si ritrova a combattere contro la figura paterna, contro la sua casa, situata a soli cento passi da quella del Boss Badalamenti, del quale Luigi Impastato (il padre) era una specie di adepto.
Così va via di casa nonostante gli estremi tentativi della madre di trattenerlo. Perché lui, a differenza della sorella o del fratello non riesce ad abituarsi. Non riesce ad abituarsi né a quella vita sotterrata nell’omertà, né al paesotto di Cinisi, né alle terre squartate per la costruzione di piste aeree abusive, né tantomeno ai codici comportamentali imposti dalla famiglia patriarcale.
Molti lo definivano un isterico, umorale giovane uomo, diviso tra coinvolgenti esplosioni d’entusiasmo e creatività e piccole depressioni di chi non trova soddisfacenti risposte.
Certo è che una trazzera come Cinisi dovette stare a guardare, stordita, le efficaci dimostrazioni di questo arrabbiato figlio di Sicilia.
Gli esordi “politici” arrivarono forse nel biennio più ricco di fermenti della storia italiana, il ’68/’69. Peppino s’inserisce nei gruppi del PSW nato dall'”accentramento” del PSI.
In precedenza aveva anche preso parte al giornale “L’Idea Socialista”, presto fatto chiudere e aveva stretto amicizia con Danilo Dolce, anima della “Marcia della Protesta e della Pace”.
Altre molte sigle si succedettero nel suo percorso politico: PSIUP, PCD’I ml, Lotta continua.
Ma non sempre si trovò in sintonia con le alte cariche dei gruppi a cui si aggregò, fondamentalmente perché la sua voglia era cambiare le cose innanzi tutto a partire dal basso, contrastando spesso con le idee universalistiche e partitiche.
Nel 1975, ad esempio, organizza il circolo “Musica e Cultura”, vero e proprio punto di riferimento della piccola realtà di Cinisi. Un’associazione nata per portare cultura tra i tetti bassi e le strade diroccate del palermitano. Il “Collettivo Femminista” ed il “Collettivo Antinucleare” furono le due anime del circolo giovanile.
Ma le condizioni in cui manifestare erano sempre più scomode, spesso la polizia interveniva ad interrompere le iniziative di Peppino e degli altri suoi collaboratori così, con la famosa frase, anche riportata nel celebre film di Giordana “I cento passi”: “Possono togliermi il materiale, possono proibirmi di fare comizi ma l’aria non possono rubarmela”, Impastato fonda RADIO AUT. Emittente indipendente ed autofinanziata che rappresentò una vera e propria bomba di denuncia e di satira. Più e più volte vennero attaccati il boss del quartiere Badalamenti (chiamato ironicamente “Tano Seduto”), i contatti tra mafia e politica ed anche le svariate censure subite in passato.
Radio Aut divenne famosa molto rapidamente e rappresentò anche un punto di riferimento per i giovani palermitani di Sinistra.
L’ultimo capitolo della storia-Impastato risale all’anno 1978. Peppino decise di candidarsi alle elezioni comunali di Cinisi con una lista di Democrazia Proletaria.
Ma il 9 maggio fu ritrovato il suo corpo lacerato dal tritolo sui binari della linea Palermo-Trapani. Aveva trentanni.
Dapprima la polizia parlò di attentato terroristico organizzato da Impastato, poi si passò a considerarlo un “suicidio eccellente”.
Il processo è durato più di ventanni fino all’ 11 Aprile 2002, data della condanna di Gaetano Badalamenti all’ergastolo come mandante dell’omicidio Impastato.
Con la morte del boss Badalamenti lo scorso Aprile non può consumarsi una giustizia, nessuna morte lo farebbe. Ma Giovanni Impastato, fratello di Peppino, la definisce “la chiusura di un capitolo fondamentale della storia della mafia” .
E’ triste non avere fame
di sera all’osteria
e vedere nel fumo
dei fagioli caldi
il suo volto smarrito.
(Peppino Impastato)
Fonti e notizie tratte dal sito web: www.peppinoimpastato.com
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