Nel partito democratico è in corso da tempo una discussione sulla durata della della carriera parlamentare dei suoi dirigenti. Alfiere di questa battaglia è il sindaco di firenze, matteo renzi. In sicilia la stessa battaglia è condotta dal deputato regionale davide faraone.
Pd, i parlamentari nazionali da mandare a casa
Nel Partito democratico è in corso da tempo una discussione sulla durata della della carriera parlamentare dei suoi dirigenti. Alfiere di questa battaglia è il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. In Sicilia la stessa battaglia è condotta dal deputato regionale Davide Faraone.
Oggi si riunisce lAssemblea regionale del Pd siciliano. Un appuntamento che assume una valenza non secondaria nella prospettiva del rinnovo delle candidature nazionali e regionali. Le elezioni nazionali sono previste per il prossimo anno. Quelle regionali dovrebbero essere celebrate il prossimo ottobre, se è vero che il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, si dimetterà a fine luglio.
Sui parlamentari regionali del Pd siciliano che dovrebbero andare a casa, visto che hanno già alle spalle tre legislature a Sala dErcole (anche se, in realtà, due legislature sarebbero già sufficienti), abbiamo scritto in questo articolo. Vediamo adesso di esaminare lo scenario dei parlamentari nazionali eletti in Sicilia.
Cominciano con i deputati e senatori non siciliani eletti in Sicilia. Si tratta di una delle cose più odiose della politica di questo partito. Personaggi che non trovano posto in Emilia, in Piemonte o dove capita che vengono sbattuti qui in Sicilia. Questo succede perché, per la Camera dei deputati e per il Senato, si vota con il cosiddetto Porcellum, una legge elettorale con le liste bloccate.
In pratica, gli elettori non scelgono i propri rappresentanti alla Camera e al Senato. A scegliere sono le segreterie romane. Da quando esiste il Porcellum il Pd – e prima i Ds – mettono in lista personaggi che nulla hanno a che vedere con la Sicilia. Tanto con questa legge elettorale gli elettori – come già sottolinato – non scelgono i propri deputati e senatori, ma votano una lista d nomi decisa da Roma. In soldoni, la negazione della democrazia. Approfittando di queste liste bloccate il Pd mette due o tre soggetti che nulla hanno a che vedere con la Sicilia.
Ancora oggi il Pd registra la presenza, nella deputazione siciliana a Roma, della senatrice Anna Serafini e dei deputati Giuseppe Berretta, Pierdomenico Martino e Ricardo Franco Levi. Gente – lo ripetiamo – che nulla ha a che vedere con la Sicilia. Si tratta, volendo semplificare, di una forma di ascarismo parlamentare.
Ma vediamola un po’ più da vicino l’attuale deputazione e la prospettiva futura degli attuali parlamentari nazionali uscenti. Precisando che, forse, ce n’è sfuggirà di certo qualcuno. Dei parlamentari nazionali del Pd solo due sono alla loro prima esperienza parlamentare: le onorevoli Daniela Cardinale ed Alessandra Siragusa. Delle quali, peraltro, non si conosce la consistenza elettorale, visto che sono state designete d’ufficio con il Porcellum. Tutti gli altri parlamentari sono dei veterani e, quindi, non dovrebbero essere candidati.
Sarebbe ora, del resto, che tornino a fare i loro mestieri d’origine, ammesso che ne abbiano uno. Ci sono quindi almeno dodici posti da conquistare da parte delle nuove leve di aspiranti parlamentari, ammesso che il partito riesca a conseguire gli stessi consensi delle precedenti elezioni generali. Cosa, questa, appare piuttosto problematica sulla scorta delle ultime elezioni amministrative e dell’esito di due anni di sostegno al disastroso governo Lombardo sostenuto, però, in maniera convinta dai parlamentari regionali del Pd.
Vero è che il Pd siciliano, con questo sostegno governativo, ha potuto rafforzare qualche clientela: ma accontentandone uno (di cliente) ne ha scontentato cento e perciò in sede elettorale ne pagherà le conseguenze. Anche perché con la Regione finanziariamente ridotta alla frutta è assai difficile foraggiare le numerose e fameliche clientele.
Staremo a vedere chi tra i parlamentari nazionali del Pd uscenti eletti in Sicilia riuscirà farsi riconfermare. Noi ci auguriamo, in primo luogo, che cambi la legge elettorale. Anche se non ci scommettiamo: perché la comodità di portare a Roma i propri camerieri interessa a tutti i capi dei partiti tradizionali. Tra laltro, il Porcellum consente agli attuali capi del Pd di candidare – come abbiamo già detto – gente non siciliana. E anche qualche figlio darte. E il caso di Salvatore Cardinale che ha lasciato loscranno di parlamenare per mettere la già citata figlia: tanto nella lista bloccata tutto fa brodo.
Detto questo, esaminiamo alcuni tra i parlamentari nazionali del Pd eletti in Sicilia che, a nostro avviso dovrebbero andare a casa. Il primo è Benedetto Adragna, che ha alle spalle qualche legislatura a Sala dErcole e molte clientele attuali nella formazione professionale. Insomma, è giunta lora di posteggiare Adragna nella sua Agrigento.
Poi cè Enzo Bianco. Già sindaco di Catania nella seconda metà degli anni 80. Poi parlamentare nazionale nella Margherita e nel Pd. Coinvolto nella vicenda di Luigi Lusi, il tesoriere della Margherita che spartiva soldi a mezzo ex partito. Tra i finanziati cè anche Bianco. Un altro buon motivo – oltre alle tante legislature – per spedirlo a casa.
Mirello Crisafulli da Enna è il più simpatico. Però anche lui è andato pesante: una ventina di legislature allArs e poi un paio a Roma. Onorevole Mirello: che ne direbbe di continuare a fare politica a Enna, liberando il posto di parlamentare a Roma? Crisafulli è troppo intelligente per non essere daccordo con noi.
Poi cè Annuzza. Al secolo, Anna Finocchiaro, magistrato. Lei un mestiere ce lha. Ed è ora che lo torni ad esercitarlo, perché è a Roma, da parlamentare, dalla fine degli anni 80 del secolo passato: basta!
Un veterano è Angelo Capodicasa. E stato più volte parlamentare regionale (ed anche presidente della Regione siciliana). Poi, ininterrottamente parlamentare nazionale. Insomma: per lui continuare a fare politica senza essere parlamentare non dovrebbe essere un problema.
Costantino Garraffa non è proprio un veterano. Ma ci piacerebbe vederlo al cospetto degli elettori. Lultima volta che cè finito – un paio di mesi addietro, alle elezioni primarie quale possibile candidato sindaco di Piana degli Albanesi – è stato trombato. Costantino, anche per te è giunto il momento di cedere il passo a forze più fresche.
Siamo arrivati a Giuseppe Lumia, ovvero lantimafia gridata. Non se ne abbia a male, onorevole Lumia, ma di lei siamo già sazi. Per anni labbiamo vista spatuliare con la legalità di qua e lantimafia di là. Per poi finire – e sono cronache degli ultimi quattro anni – a braccetto con Raffaele Lombardo. Onorevole Lumia, lo capisce che la cosa è un po tragicomica? E poi – se non ricordiamo male – nel 2008 lavevano quasi esclusa dalle liste. Anche per lei è arrivato il momento di andare a casa.
Antonio Papania, detto Nino. O della formazione professionale. Onorevole, anche lei non scherza: legislature allArs, legislature a Roma: basta! E arrivato il momento di fare politica da non parlamentare. Per dare spazio a forze più giovani. Siamo sicuri che sarà daccordo con noi.
Marilena Samperi, ex sindaco di Caltagirone, non è proprio una veterana. Ma anche lei ha fatto il suo tempo. Se non altro perché nella sua città il centrosinistra è crollato. Anche per lei è arrivato il momento di passare la mano.
La nostra opinione, insomma, è che questi onorevoli hanno fatto il loro tempo: hanno dato il contributo che potevano nella lunga permanenza parlamentare ed è giusto che, finalmente, possano liberarsi dallo stress che il lavoro parlamentare comporta. Alla buonora!
Pd, i nomi di chi dovrebbe andare a casa