Patto per la Sicilia, 2,5 miliardi per il rilancio Risorse a infrastrutture, strade e ambiente

Un lungo elenco di interventi che svaria dalle infrastrutture all’ambiente e allo sviluppo economico, abbracciando anche turismo, cultura, welfare e legalità. Nella seduta del 29 dicembre l’esecutivo regionale ha approvato in via definitiva il documento – il cosiddetto patto per la Sicilia – passato al vaglio della presidenza del consiglio dei ministri, dopo il negoziato politico instaurato nei mesi scorsi, nel quale sono stati fissati gli interventi da attuare e le rispettive dotazioni finanziarie. Anche se il patto non è stato ancora firmato e i tempi di approvazione non sono ancora definiti. 

Al momento, infatti, esiste una serie di proposte definite strategiche per la Sicilia in funzione dello sviluppo dei territori e della loro integrazione infrastrutturale, ma che non hanno mancato di suscitare le reazioni da parte di chi è rimasto fuori. C’è chi, per esempio come l’ex sindaco di Trapani e oggi parlamentare di Forza Italia Mimmo Fazio, lo ha giudicato «poco condiviso». Il dubbio sollevato dal deputato d’opposizione riguarda il fatto che una parte rilevante degli interventi sia concentrato a Gela, a partire dai 37 milioni di euro per l’autostrada Siracusa – Gela

Gli investimenti dovranno portare in Sicilia 2 miliardi e mezzo di euro nei prossimi anni. Il 45 per cento delle risorse, 911 milioni circa, sarà destinato all’ambiente (coste, dissesto, rifiuti, torrenti), mentre il resto andrà perlopiù alle infrastrutture e alla viabilità. Questa, dunque, la proposta che sarà oggetto di valutazione da parte del ministero. Tra le priorità individuate dal governo regionale, il Consorzio autostradale siciliano (Cas), che dovrebbe ricevere 391 milioni, mentre 507 saranno indirizzati alla viabilità primaria – che riguarda i collegamenti con la rete stradale, le strade di scorrimento – 315 per quella secondaria, 200 milioni di euro per le dighe, e infine 150 per la portualità delle isole minori. Nello specifico, a Lampedusa, Linosa e Ustica sono previsti interventi di bonifica dall’amianto, mentre per Pantelleria si punterà a viabilità, sistema idrico, ciclo dei rifiuti, edilizia scolastica e fognature. Interventi relativi al dissesto idrogeologico, invece, per le isole di Lipari, Panarea e Vulcano. 

Parlando di dissesto idrogeologico, i fondi riservati alle messe in sicurezza sono stati preventivati in 350 milioni, mentre 246 serviranno complessivamente per le bonifiche. Soldi anche per l’area di crisi di Gela (100 milioni) e di Termini Imerese (50 milioni). Inoltre, 150 milioni di euro dovrebbero essere utilizzati per l’area metropolitana di Messina e per la città di Agrigento. Interventi anche nelle coste siciliane, con 156 milioni di euro, ma anche per l’Ismett, l’istituto di trapianti palermitano che dovrebbe beneficiare di 8,5 milioni di euro. 

Risorse poi per la realizzazione di impianti di compostaggio a Capo d’Orlando, Noto, S.Cataldo e Casteltermini. Sulla valenza di questi strumenti di raccordo e di rilancio interviene Rosario Lanzafame, docente ordinario di Sistemi per l’energia e per l’ambiente: «Non abbiamo la cultura per recepire con reattività gli interventi – dichiara -. Abbiamo iniziato a lavorare con i comuni per l’energia e il patto dei sindaci nel 2008, e stiamo mettendo in atto quegli interventi nel 2016, dopo avere incontrato 390 sindaci. Si tratta di strumenti volti a eliminare le criticità e a puntare a cambiamenti culturali specifici nelle nostre comunità ma i tempi tra pianificazione e risultati – conclude Lanzafame – sono ancora troppo lunghi».


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