Paternò, due volte alla Camera il caso Feltri ViviSimeto: «L’oasi è degradata da sempre»

Due interrogazioni parlamentari in due giorni. La storia di Emanuele Feltri arriva di nuovo nell’aula della Camera dei deputati, stavolta per mano di Erasmo Palazzotto, eletto tra le file di Sinistra ecologia e libertà e coordinatore del partito in Sicilia. Il caso delle pecore ammazzate a fucilate in contrada Sciddicuni, a Paternò, e di quella testa di ovino lasciata davanti la porta della cascina dell’imprenditore catanese di 33 anni ha scosso l’opinione pubblica. E la questione viene dibattuta a suon di comunicati a Montecitorio.

Tre onorevoli del Partito democratico avevano chiesto il 3 luglio al ministro dell’Interno Angelino Alfano e al ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo di valutare se fosse il caso «di intervenire sul grave episodio di mafia che ha colpito il giovane Emanuele Feltri», al quale è stato sterminato il gregge a seguito delle sue denunce sulle discariche abusive nell’area protetta di ponte Barca, nella valle del fiume Simeto. Solo la più recente di una serie di intimidazioni che hanno colpito il perito agrario etneo negli ultimi due anni. Da quando, cioè, ha venduto il suo appartamento di Catania per comprare un appezzamento di terreno da coltivare di cinque ettari nel Paternese.

Ieri a rincarare la dose in Parlamento è stato Palazzotto, che ha interpellato anche il ministero dell’Ambiente presieduto da Andrea Orlando. «L’atto intimidatorio – scrive il deputato di Sel – potrebbe ritenersi in correlazione con l’attività di Emanuele Feltri a tutela dell’area della Valle del Simeto, sito di interesse comunitario, lasciato in stato di degrado ed abbandono». Erasmo Palazzotto parla di «scarichi illegali nel fiume» e di «discariche abusive contenenti materiali inquinanti altamente pericolosi». Ma non si limita solo all’aspetto ambientale: «Appare plausibile la volontà di impedire la rinascita dell’area, che negli anni si è distinta anche per fenomeni di sfruttamento dell’immigrazione irregolare». Cioè mafia rurale: caporalato e lavoro in nero dei migranti nei campi coltivati. Al governo Palazzotto chiede «quali interventi urgenti intenda intraprendere al fine di garantire l’incolumità di Emanuele Feltri». In altre parole: come proteggere l’agricoltore minacciato? Come permettergli di continuare in sicurezza il suo lavoro? E anche «quali iniziative immediate di vigilanza e controllo dell’area» partiranno, e come «favorire l’azione di tutela e bonifica intrapresa dalle autorità locali e dalle associazioni ambientaliste».

A essere citata nell’interrogazione parlamentare è l’associazione Vivi Simeto, che da nove anni opera sul territorio: «Da quando volevano costruire un inceneritore nell’oasi e i cittadini della zona si sono opposti», spiega Luigi Puglisi, il presidente. «Purtroppo, la storia di Emanuele non ha portato alla luce nessuna novità: le fogne dei Comuni che si affacciano sul fiume scaricano in acqua, i depuratori non li hanno tutti, molti di quelli che ci sono o non funzionano o funzionano male». Niente di nuovo sotto il sole, insomma. «Ogni tanto vediamo nel torrente grosse macchie scure o schiuma altissima – racconta Puglisi – E sono con ogni probabilità i risultati di sversamenti illeciti». Il territorio non se la passa meglio: «Basta guardare i bordi delle strade extracomunali, pieni di spazzatura di tutti i tipi».

Era il 2011 quando Legambiente Catania ha censito 50 micro-discariche nell’oasi del Simeto e ha presentato un esposto alla procura della Repubblica per chiarire le responsabilità del degrado. Oggi la situazione non sembra essere cambiata: «Sembra che il fiume e i terreni che lo circondano siano visti come una terra di nessuno – lamenta il presidente di Vivi Simeto – Anche se lentamente le cose stanno cambiando». Anche grazie alle iniziative volontarie di pulizia e scoperta dei percorsi naturalistici. «Durante una delle nostre giornate di bonifica abbiamo costruito una piramide coi copertoni usati che abbiamo trovato in una vallata, erano centinaia». Chi li abbia gettati lì è facile immaginarlo: «Possiamo credere che decine di persone, singolarmente, abbiano buttato un paio di pneumatici ciascuno?». La risposta è scontata. «In un’occasione abbiamo perfino incrociato un camioncino pieno di immondizia che si avvicinava alle sponde del Simeto – ricorda Luigi Puglisi – Naturalmente l’abbiamo allontanato, ma non sappiamo se dopo cinque chilometri ha trovato un altro posto per scaricare comunque il suo cassone».

La prima soluzione che hanno trovato, «a seguito di una conferenza dei servizi con gli enti gestori dell’oasi, i responsabili delle amministrazioni comunali interessate e gli operatori economici della zona», è stata di chiudere al traffico veicolare una via che porta solo al fiume. «Visto che l’obiettivo è vedere la natura, lo si può fare tranquillamente a piedi, o in bicicletta», puntualizza Puglisi.


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