Il destino del Partito democratico in Sicilia: rinascita o implosione? Dalle risse alle carte bollate dei ricorsi

Che succede nel Pd siciliano? Ultimamente è una domanda che ricorre spesso. Le risposte che si possono fornire sono le più svariate e, con tutta probabilità, nessuna di queste riuscirebbe a rendere l’idea di quelli che sono i tumulti interni al primo partito d’opposizione in Regione. L’assemblea del partito è stata sanguinosa come lo sbarco in Normandia, con un volo Ryanair ballerino al posto dei mezzi anfibi corazzati, ma poco importa. E proprio sul passeggero di lusso di quel volo, Igor Taruffi, responsabile organizzativo del Partito democratico nazionale, si sono riversati gran parte dei mal di pancia delle fronde di dissidenti che animano il Pd siciliano in opposizione serrata alla riconferma del segretario uscente Anthony Barbagallo.

Taruffi inviato da Roma come arbitro inter partes, vista la sua scomoda posizione di uomo vicino alla segretaria nazionale Elly Schlein, big sponsor proprio di Barbagallo. Barbagallo che, da par suo, già da settimane ha iniziato una campagna di riconferma a tratti fratricida, culminata con una serie di aspre dichiarazioni sull’appiattimento dell’opposizione di sala d’Ercole di fronte alla Finanziaria presentata dal governo Schifani e approvata senza il minimo scossone in tempo record. Anche grazie alla «responsabilità dell’opposizione», da più parti incensata. Insomma, Barbagallo ha dimostrato ai vertici del partito di avere sposato a pieno la linea nazionale e di volere un partito libero da ambiguità, ammiccamenti e connivenze con il centrodestra. La famosa «posizione chiara» chiesta a gran voce negli ultimi mesi.

Il finale è noto a tutti: mozione del segretario in carica che passa, stracci che volano, spettacolo indignitoso in favore di camera di smartphone e infine le ombre sui voti espressi in assemblea e il ricorso presentato dai ribelli. Per mettere in discussione le regole d’ingaggio per l’elezione del nuovo segretario regionale che, a dispetto delle 5000 firme raccolte, sarà appannaggio solo degli iscritti del partito e non figlia di gazebo e primarie. E tra i dissidenti c’è proprio la stragrande maggioranza dei deputati regionali: da Tiziano Spada a Giovanni Burtone, passando per Sebastiano Venezia. E proprio Burtone ha espresso uno dei pareri più interessanti in sede di assemblea, con il sindaco di Militello che si è fatto e ha fatto qualche domanda lecita sugli iscritti, viste anche le polemiche sulla sottoscrizione delle tessere nel Catanese negli anni passati. «La risposta di questo partito è una consultazione tra iscritti? Laddove le tessere nel Catanese sono state fatte da amministratori che sostengono giunte guidate da Fratelli d’Italia?».

Domanda più che lecita che, di certo, non fa sembrare quella del partito un’operazione di disambiguazione da partito connivente con l’avversario del centrodestra. Tutt’altro. E quindi? Quindi le strade possibili sono tante e, al momento, quella di una scissione non sembra affatto essere tra queste. I più ottimisti si augurano che il grosso tonfo – quantomeno sul piano dello stile – possa essere propedeutico a una rinascita e, quindi, a una risalita. Altri proprio non riescono a vedere la luce in fondo al tunnel che porta inevitabilmente alla sconfitta elettorale a vantaggio di un centrodestra che con tutte le sue contraddizioni resta saldo al comando della Sicilia. Certo la possibilità che il ricorso dei rivoltosi sia efficace cambierebbe molto le carte in tavola. In questo caso, solo il tempo potrà dire come andrà a finire.


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