MeridioNews intervista il nuovo vertice nominato dal presidente Nello Musumeci. L'ex sindaco di Belpasso è stato al centro di numerose polemiche. «Cementificazione? Contrario. Fruizione del vulcano? Ampliarla rispettando la legge»
Parla Caputo, il nuovo presidente del parco dell’Etna «Il mio piano per il rilancio. Polemiche? Da paesani»
Da sindaco di Belpasso a presidente del Parco dell’Etna. In mezzo due anni di polemiche per una nomina osteggiata da avversari politici e non, ma fortemente voluta dal presidente della Regione Nello Musumeci. Che, anche con l’intento di spianare la strada burocratica verso il decreto firmato nei giorni scorsi, a gennaio lo ha chiamato nel proprio gabinetto alla Regione. L’esperienza di Carlo Caputo alla guida dell’ente che gestisce il vulcano parte da qui.
La sua nomina è stata al centro di un caso. Le critiche sono arrivate non solo dal M5s ma anche da parti del centrodestra. La si accusa di essere stato scelto solo per questioni politiche.
«Queste polemiche, a essere sincero, mi sono sembrate molto paesane. Tra chi le ha fatte c’è anche qualche onorevole, ma tutte persone originarie del mio paese (Belpasso, ndr) o dei dintorni».
Tra le più agguerrite c’è la pentastellata Gianina Ciancio.
«Ho fatto un po’ di ricerca e non sono riuscito a trovare tracce di un impegno diretto della deputata nei confronti del tema Etna. Pare che abbia iniziato a occuparsene solo quando si è iniziato a parlare della mia possibile nomina».
Guardando il suo curriculum però non è semplice trovare quelle competenze legate alla difesa dell’ambiente richieste dalla normativa regionale.
«Secondo me si è fatta un po’ di confusione. Il presidente del Parco è una figura a cui spetta dare un indirizzo politico, non ha un ruolo tecnico come quello del direttore. Poi sui requisiti, vorrei dire che guardando alla storia di questo Parco non mi pare ci siano stati presidenti con lauree in Scienze forestali. Chi mi ha preceduto era laureata in giurisprudenza».
Cosa risponde al fatto che da sindaco di Belpasso è sempre stato assente nelle riunioni del Consiglio del Parco?
«Dico che è un’altra polemica pretestuosa. Un sindaco deve sapere cercare di ottimizzare i tempi per riuscire a seguire tutti i temi che interessano il Comune. E, per riuscirci, deve sapere delegare. Quando mandavo un assessore al posto mio, gli davo un indirizzo politico e poi, al suo ritorno, mi facevo informare su cosa si era fatto. Così come da assessore – tra il 2005 e il 2012, quando qualche onorevole di oggi distribuiva al massimo volantini – presenziai tante volte alle riunioni come delegato dell’allora sindaco».
Ultima domanda da ufficio Risorse umane. Nel 2019 ha lavorato per la Tekra. La ditta fa parte della stessa holding che controlla l’impresa che ha vinto l’appalto settennale a Belpasso con lei sindaco. Tutto normale?
«Con Caputo sindaco, Belpasso è stato per tre anni consecutivi il Comune con la più alta percentuale di differenziata, tra quelli con popolazione sopra i 20mila abitanti. Possiamo pensare che la ditta, una volta che il sottoscritto non è stato più sindaco, abbia pensato di farmi una proposta basata sulle competenze? Ho fatto il direttore di cantiere (a Taormina, ndr), un lavoro tutt’altro che da scrivania. Che non tutti vorrebbero fare».
All’Ars c’è il suo ex vice, Giuseppe Zitelli. Ha presentato un ddl che vuole modificare la perimetrazione del Parco su base altimetrica per rilanciare l’economia e facilitare la costruzione anche di alberghi. Che ne pensa?
«Con Giuseppe siamo super-amici, non solo vicini politicamente. Non ho letto il suo ddl, ma penso che la proposta nasca da una parte di cittadini che vedono il Parco come qualcosa di limitante per le attività economiche. Sull’idea di riperimetrare il Parco sono molto cauto. Per me, ogni piede che entra sul Parco è un’invasione e va programmata e gestita. Non si deve mai pensare di immaginare un aumento della cementificazione. Giuseppe, secondo me, intende valorizzare i terreni in zona D, fare in modo che si possono fare alcune attività che oggi non sono consentite».
E se invece, alla fine, si mettesse sul piatto la possibilità di aprire alla cementificazione?
«Mi metterei di mezzo, certamente. Ma, comunque, quando si parla di parchi bisogna tenere a mente che ogni cosa deve essere sostenibile. E la sensibilità è un concetto su cui non si può dibattere politicamente».
Paradossalmente, uno dei problemi più grossi che interessano l’Etna sono i rifiuti. Come pensa di affrontarlo?
«Chiunque arriva qui vede la maestosità del vulcano, ma si porta dietro anche il ricordo delle discariche. Non è accettabile. Va fatta una premessa: il servizio di raccolta e rimozione dei rifiuti non è mai stato di competenza del Parco, spetta ai Comuni. Quello che voglio fare è lavorare a protocolli che coinvolgano i Comuni. Il Parco non ha la possibilità di conferire i rifiuti. Bisogna lavorare a rivedere gli appalti dei Comuni, e questo non significa per forza inserire nuovi servizi, ma cercare di rimodulare i capitolati».
Parlando di prevenzione, si è spesso fatto riferimento alla necessità di mettere webcam e foto-trappole.
«Sono stato tra i primi sindaci ad adottarli. Il Parco, però, non ha personale adeguato. Per questo conto di coinvolgere le associazioni di volontariato. Ci possono dare una mano importante. E poi i volontari spesso conoscono il vulcano meglio di chi ci lavora. Associazioni come il Cai vanno coinvolte, solo tramite loro possiamo fare grandi cose».
Sul fronte della promozione turistica cosa proporrà?
«Abbiamo un sito che è ben posizionato sui motori di ricerca, ma va valorizzato. Bisogna trasformarlo in uno strumento di marketing territoriale, capace di attirare quanti sono incuriositi da un’attrazione naturale unica in Europa. Il sito del Parco non deve solo contenere atti e delibere, deve diventare una vetrina».
Nei giorni scorsi Nello Musumeci ha fatto riferimento all’Etna per parlare di turismo post-lockdown.
«L’ambiente che abbiamo garantisce una fruizione senza rischi di assembramenti, dobbiamo cercare di sfruttare questo fattore. Penso alla promozione di sentieri magari non conosciuti dai più, novità che potrebbero attirare anche chi l’Etna già la frequenta. Però ogni cosa dovrà essere fatta soltanto se saremo in grado di garantire un adeguato controllo del territorio. Perché eventuali incivili non ci interessano».
Tra regimi di monopolio e logiche familistiche, gli affari attorno al vulcano negli ultimi anni sono finiti anche sotto la lente della magistratura. L’Etna sarà mai di tutti?
«L’obiettivo deve essere quello di trovare strade percorribili a norma di legge per ampliare quanto più possibile la fruizione del vulcano, anche da un punto di vista dello sfruttamento imprenditoriale. Non posso mai essere d’accordo con i monopoli, non sono mai stato amico dei potentati».
Alla fine, quindi, questo incarico lo ha accettato per amore di mamma Etna?
«Le racconto una cosa: oggi ho saputo che prenderò ottomila euro lordi all’anno. Non mi sembra un compenso tale da poter parlare del Parco come uno stipendificio. E le dirò di più: menomale che rimarrò al gabinetto del presidente della Regione. Perché la passione poi deve fare anche i conti con il portafogli. E poi, a chi in queste settimane ha fatto riferimenti ad alte professionalità andrebbe chiesto: hi è questo super-esperto che accetterebbe un incarico per 350 euro netti al mese?»