Luglio avrebbe dovuto rappresentare la svolta per la riapertura di parco Cassarà, ma la storia dell’area verde sembra destinata a brancolare ancora nel buio, in attesa di rivedere la luce. I 12 carotaggi svolti nei mesi scorsi dalla ditta competente all’interno del grande polmone verde palermitano hanno confermato la presenza degli elementi tossici nel sottosuolo e nella falda acquifera. Gli esami sono stati fatti, ma adesso, ad aggiungersi alle nuove attese, sarà la redazione di un piano di caratterizzazione dell’area utile a definire i livelli di contaminazione del suolo e delle acque e a determinare gli eventuali interventi da fare per rendere accessibile al pubblico i punti del parco considerati a rischio basso.
Un passaggio che si preannuncia dai tempi lunghissimi prima di realizzarsi. Tempi che si aggiungeranno a una chiusura lunga già sette anni. Ovvero, da quando, ad aprile del 2014, ai cancelli del polmone verde vasto 255mila metri quadrati vennero messi i sigilli dalla magistratura, dopo che fu rilevata la presenza di amianto e sfabbricidi. Il parco era stato aperto da soli tre anni e doveva essere il secondo polmone verde – dopo parco d’Orleans, anche questo chiuso – più grande di Palermo. Per discutere dei dati rilevati e dei futuri interventi da portare a termine, gli scorsi 7 e 8 luglio si sono svolti degli incontri tra l’Arpa, che ha il compito di controllare gli esiti dei carotaggi, e la città Metropolitana. A questo incontro è seguito un sopralluogo nel parco da parte della terza commissione consiliare che si occupa dell’Ambiente. Per l’occasione i consiglieri Paolo Caracausi, Concetta Amella e Massimo Giaconia, insieme ad alcuni rappresentanti della quarta Circoscrizione, hanno incontrato il dirigente del settore Ambiente del Comune Francesco Fiorino e gli attivisti di Legambiente, Wwf e ComPa Aps per discutere dei rilevamenti effettuati nei mesi scorsi e sulle azioni da intraprendere per donare nuovamente il parco al patrimonio della città.
«Gli enti competenti ci hanno comunicato gli esiti dei carotaggi svolti, a cui si è aggiunta la presenza di cianuro, anche se non abbiamo ricevuto ancora dei documenti – afferma Paolo Caracausi a MeridioNews – Adesso c’è la necessità di stilare un piano, sulla base dei carotaggi, per capire quali siano gli interventi da fare e per mettere in sicurezza il parco. Il Comune in questo momento non ha dei profili che possano compiere questo tipo di lavoro. Dunque si dovrebbe assumere un soggetto esterno che stili il progetto di caratterizzazione dell’area, con le valutazioni di rischio, che indichi gli interventi necessari. Dei passaggi che fanno presagire dei tempi davvero lunghi, a cui si aggiungono i costi per i lavori che dovranno essere effettuati». Per questo motivo i consiglieri della commissione, presieduta proprio da Caracausi, si rivolgono all’amministrazione comunale. «Stiamo parlando di uno dei parchi più belli di Palermo, con un lago artificiale e la pista di pattinaggio. Inoltre – aggiunge Caracausi – questo luogo è dedicato a Ninnì Cassarà (poliziotto ucciso dalla mafia, ndr). Donare nuovamente il parco ai cittadini sarebbe un gesto concreto contro la mafia. Anche per questo è necessario intervenire al più presto e trovare le risorse prima che sia troppo tardi, col rischio di non poter più rivedere il parco aperto».
Il polmone verde tra le vie Pisani, Altofonte e Basile si presenta circoscritto dai nastri, con gli arredi immersi nel silenzio. Dopo la sua chiusura, in un primo tempo era stato diviso in aree di colore giallo, rosso e verde, in base alle zone di rischio. Infatti, sembrava possibile che la zona verde potesse tornare ad accogliere cittadini e turisti. Ma così non è stato. Persino la gara per affidare i carotaggi dal valore di 160mila euro ha visto alcuni passi indietro. Il bando era stato aperto nel 2018, ma fu ritirato per possibile un vizio di forma per poi essere ripubblicato dopo un anno. Tutti passaggi a cui i tanti attivisti delle associazioni hanno assistito, non perdendo mai la speranza di poter rivedere nuovamente aperto parco Cassarà. L’associazione ComPa lo scorso mese aveva richiesto i dati ufficiali degli elementi presenti nell’area. «Ma neanche stavolta ci sono stati forniti – fa notare a MeridioNews l’attivista Calogero Picone – Ora attendiamo una valutazione dei rischi, ma quanto tempo dovrà passare? Da parte nostra, intanto, c’è la volontà di capire se di fronte a quest’opera che rischia di essere dimenticata siano capaci di rispondere tutti i consiglieri e tutta la giunta. Chiediamo la risposta di tutta la politica, anche quella regionale – conclude – Al momento non ci sono né i dati ufficiali, né i soldi né un progetto».
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