Alla cerimonia di commemorazione stamane anche il presidente del Senato che ha rievocato ancora una volta la battaglia di riscatto per la Sicilia portata avanti dall'ex presidente della Regione, ucciso per aver tentato di cambiare un sistema politico economico mafioso che permeava l'Isola di allora. Guarda la gallery
Piersanti Mattarella, il ricordo a 36 anni dal delitto Grasso: «Ancora ombre, ma la verità verrà fuori»
Sono trascorsi trentasei anni da quel mattino dell’Epifania del 1980 quando l’allora presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella veniva ucciso a colpi di pistola non appena salito a bordo della sua Fiat 132 mentre si stava recando a messa con la famiglia. Un omicidio di chiaro stampo mafioso, che ha segnato uno spartiacque nella storia della Sicilia. Condannati i mandanti, i boss di Cosa nostra Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci ma molti aspetti rimangono ancora avvolti nel mistero, non ultimo la verità sull’identità del sicario e la presenza di eventuali mandanti esterni. Stamane alla cerimonia di commemorazione in via Libertà proprio su questo punto è tornato a parlare il presidente del Senato Piero Grasso, all’epoca magistrato di turno, tra i primi ad arrivare sul luogo dell’eccidio.
«Non c’è stato momento della mia vita professionale precedente in cui non ho cercato la verità sull’assassino di Piersanti Mattarella, perché i mandanti come sappiamo sono stati tutti condannati – ha sottolineato -. È rimasta qualche ombra come in tanti dei misteri del nostro Paese. Non dispero mai che la verità possa venire fuori». Nessun dubbio su tentativi di depistaggio susseguitesi nel corso delle indagini «sono nella storia del processo» presupposto che fa pensare «a parti ancora oscure non ancora accertate» sull’omicidio.
Assente alla cerimonia il Capo dello Stato Sergio Mattarella, fratello di Piersanti. Una commemorazione che ha visto la presenza dei sindaco Leoluca Orlando, del neo prefetto Antonella Di Miro, del presidente della Regione Rosario Crocetta e di quello dell’Ars Giovanni Ardizzone. Un momento per ricordare ancora una volta la battaglia di riscatto per la Sicilia portata avanti da Mattarella, ucciso per aver tentato di cambiare un sistema politico economico mafioso che permeava la Sicilia di allora. Un processo di cambiamento che ancora non può dirsi concluso come ha sottolineato il presidente del Senato che richiede una «mobilitazione generale per realizzare quel che Piersanti voleva: un paese migliore fuori dalle beghe della corruzione e del malaffare, un Paese con le carte in regola».
Il governatore siciliano Rosario Crocetta ha parlato di «prezzo altissimo» pagato dall’allora quarantaquattrenne Presidente della Regione che «ci aiuta a capire che quel che abbiamo di negativo in Sicilia oggi viene dal passato. Voleva sgominare quel sistema – ha concluso – ed è stato ucciso per questo».