Palermo, il mare, la Cala: oggi e ieri

Con trentacinque straordinarie immagini in bianco e nero, il fotografo Franco D’Angelo e il libraio-editore palermitano Maurizio Albanese ci raccontano dell’antico porto di Palermo, la Cala, nell’inverno 1953-1954. Inquadrano uno dei punti più caratteristici della città, dal quale deriva il nome stesso della capitale siciliana: Panormus, ovvero, tutto-porto.

Le fotografie sono state pubblicate in un volume dal titolo “Palermo, la Cala ieri”, edito dalla “Libreria del Mare”, che ha sede unica proprio alla Cala. Quando si entra nella “Libreria del Mare” si ha la sensazione d’entrare in una imbarcazione: gli stessi odori, il profumo del mare, delle cime, del legno, delle vele, della salsedine che emana anche dalle scaffalature rigogliose di libri, documenti, oggetti “del navigare”, carte nautiche.

Da alcuni anni, la libreria alla Cala, come molte librerie in città, è diventata un punto d’incontro con presentazioni ed eventi. In particolare la libreria di Maurizio Albanese è divenuta sempre più un vero e proprio forum dei fatti che legano Palermo e la Sicilia al mare. Un luogo per chi vuole conoscere il mondo del Mediterraneo, della vela e della navigazione. Tantissimi gli incontri con esperti, marinai, uomini e donne dello sport, editori, autori di libri sul mare, registi, attori, intellettuali, pescatori, pittori, fotografi, raccontatori dell’esperienza di chi vive in un’isola come la Sicilia, o in una penisola come l’Italia. Quasi ogni settimana, soprattutto in primavera, gli eventi pubblici della libreria permettono di accedere a testimonianze ed emozioni del proprio rapporto con quella sorprendente vita immersa o appena affiorante dalla massa d’acqua blu vicinissima alle nostre vicende quotidiane, ma che troppo spesso dimentichiamo, presi dal caotico tran-tran della nostra metropoli.

Come raccontano le fotografie e i commenti della nuova pubblicazione,  la Cala degli anni ’50 non era quella insenatura profonda d’epoca antica e medievale che diede nome alla città, ma era tuttavia più addentro il tessuto urbano, più presente nel bel mezzo del disegno urbanistico di Palermo di quanto non sia oggi. E cioè quando ancora non esistevano  quelle due carreggiate d’autostrada urbana costruite negli anni ’80 e che adesso dividono Palermo dalla sua primordiale ragione d’esistere.

Di recente, il rapporto di Palermo con il mare nel luogo dell’antico porto è decisamente migliorato grazie alla sistemazione del pavimentato da riva marina con relativo arredo urbano, terminato non molti mesi fa.

Anche l’odore del mare è oggi recuperato grazie a bonifiche e impianti di depurazione, tanto da vedere anche le papere nuotare vicino alle banchine e alle barche. Negli anni ’50 e fino a pochi anni orsono, il profumo del mare era tradito dalla presenza dello scarico urbano direttamente sull’acqua. Nondimeno, quelle foto di Franco D’Angelo ci ricordano delle storie d’uomini e imbarcazioni e di come la vita del vecchio porto di Palermo fosse allora molto più intensa. Attorno a quella insenatura circolare popolata da barche colorate, da lavoratori giovani e anziani, da ragazzini, da pescatori e dai saurrieri, i zavorratori, che raccoglievano la sabbia destinata all’industria delle costruzioni dopo essere stata lavata, c’era un mondo popolare e d’energie lavorative che oggi stentiamo a rintracciare nei luoghi e nella nostra memoria.

Le fotografie di Franco D’Angelo, presentate in mostra alla stessa Libreria del Mare lo scorso 23 Marzo, ci riportano in questo mondo e narrano soprattutto dei saurrieri.  Quello del saurrieri era un lavoro duro che, per fortuna, oggi non esiste più. Ma era anche una presenza umana molto più intensa e che emanava una sua poesia e una sua epica popolare.

Il racconto di Maurizio Albanese che accompagna le fotografie, fa rivivere le barche ormeggiate, ognuna con una sua “personalità” tale e quale a esseri viventi: ”Le barche oltre a un nome, avevano una ‘nciuria, un soprannome, perché i marinai le barche le trattano o le maltrattano, le curano, ci parlano, come se fossero vive. E così c’era la Signorinella, chiamata in questo modo perché elegante e aggraziata, la San Nicola detta ‘a scupa (la scopa) perché era così grande che quando arrivava in porto costringeva  tutte le barche a farsi da parte per lasciarla ormeggiare, o la Maria Michele che per la sua altera bellezza mai fu ingiuriata.”

Non esiste, oggi, alcun museo che narra della storia dell’antico porto di Palermo in maniera compiuta. La pubblicazione della libreria del Mare è dunque particolarmente benvenuta. Ancor più perché comprende anche un piccolo documentario che è un vero e proprio gioiello: una mirabile testimonianza della storia urbana e sociale di Palermo, laddove la città è nata ed è cresciuta nei secoli, e in un periodo di trasformazioni sociali particolarmente rapido e profondo, soprattutto per il mondo della piccola marineria e delle sue intrinseche pittoricità e amenità narrate nei “luoghi veri” della più straordinaria e contraddittoria tra le capitali mediterranee.

Gabriele Bonafede

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