La compattezza e la determinazione dei rosanero hanno fatto la differenza e spostato l'ago della bilancia dalla parte degli uomini di Stellone. Solo qualche lampo, invece, da parte di un Verona che dopo un avvio confortante ha diminuito l'intensità della propria onda d'urto
Palermo, è una vitale boccata di ossigeno Vittoria ottenuta con il cuore e il sacrificio
Serviva come il pane inteso, appunto, come bene di prima necessità. Come una boccata di ossigeno per chi ha affanno e non riesce a respirare a pieni polmoni. La vittoria ottenuta nello scontro diretto casalingo contro l’Hellas Verona e firmata Nestorovski all’alba del secondo tempo rappresenta davvero linfa vitale per il Palermo. Per la classifica (i rosanero si portano in questo modo ad una sola lunghezza dal secondo posto occupato dal Lecce sconfitto ieri a Cremona e salgono a +5 sul Pescara e proprio sugli scaligeri) e nello stesso tempo per l’autostima di un gruppo che aveva bisogno di ritrovare un po’ di entusiasmo e quelle certezze messe in discussione dallo score di un punto in due partite registrato in occasione delle due gare esterne consecutive contro Cosenza e Pescara. Era fondamentale vincere e gli uomini di Stellone ci sono riusciti. Non importava in che modo centrare l’obiettivo, nell’ambito di un match particolarmente delicato in una fase della stagione oltretutto in cui la posta in palio è diventata molto alta, ma anche a questo proposito va detto che pure il come ha funzionato.
Gli strumenti con cui la squadra ha costruito l’affermazione di ieri (la terza di fila tra le mura amiche, evento che non accadeva da poco più di un anno e che finora non si era mai verificato alle dipendenze di Stellone) sono stati efficaci e hanno permesso al collettivo di realizzare un’opera molto bella. Non dal punto di vista estetico a 360 gradi, perché la qualità del gioco di questo Palermo – e della maggior parte delle formazioni del torneo cadetto – è sempre migliorabile, ma in base ad altri criteri: sudore, sacrificio, fatica (e in questo contesto va messa in evidenza la prova dell’attaccante Moreo che, pur essendo rimasto a secco, al di là dell’assist per il gol-vittoria di Nestorovski ha lasciato un segno tangibile con una performance condita da corsa e generosità), ritmo e tanta intensità. Fattori che hanno valorizzato il lavoro di una squadra finalmente determinata e in campo con l’ardore agonistico tipico di chi vuole a tutti i costi ciò per cui sta lottando.
Superati i primi dieci minuti di gioco all’insegna della sofferenza, durante i quali per la verità gli ospiti non hanno creato pericoli pur avendo disegnato buone trame ed esercitato un’evidente supremazia territoriale, i rosa hanno iniziato a prendere le misure all’avversario e creato i presupposti per dominare l’incontro. Con un indice di pericolosità non troppo alto (il vento è cambiato nella ripresa e in particolare al tramonto del match con una ripartenza gestita dal neo-entrato Fiordilino senza la necessaria lucidità e il palo colpito da Nestorovski ad un passo dalla doppietta personale e dal dodicesimo acuto in campionato) ma con un controllo quasi totale della situazione. Senza perdere mai la bussola, al netto di qualche chance creata dai gialloblù nel secondo tempo come quella fallita clamorosamente dall’esterno offensivo palermitano Di Gaudio al culmine di uno slalom in area o il tiro potente ma centrale del neo-entrato Matos sul quale si è opposto Brignoli con reattività, al cospetto di un Verona volenteroso ma evanescente.
La partita, godibile tutto sommato in termini di spettacolo, è stata affrontata a viso aperto da due compagini che, avendo avuto a disposizione spazi che in altre circostanze non sono riusciti a trovare, hanno potuto esprimere liberamente i propri valori e le proprie caratteristiche. Sono emersi i soliti tratti della formazione di Fabio Grosso (l’ex rosanero, allontanato dall’arbitro al 23′ della ripresa per condotta non regolamentare, ha disegnato il suo scacchiere con il 4-3-3) che, nonostante la presenza in organico di ottime individualità, sbaglia molto spesso le scelte in fase di rifinitura negli ultimi sedici metri e fatica a trovare il guizzo necessario per determinare l’esito di un incontro e, contestualmente, si è percepita con chiarezza la fisionomia di un Palermo (il 4-3-1-2 iniziale si è trasformato nel finale in un 3-5-2) discontinuo in linea generale e ancora con delle lacune nella capacità di chiudere le partite ma in grado, come successo ieri sera, di tirare fuori dal cilindro risorse che altri non hanno. E di fare la differenza, anche in virtù dello spessore di certi giocatori come ad esempio Jajalo che a centrocampo ha vinto il duello con l’alter ego gialloblù Gustafson e dettato i tempi del gioco con grande padronanza, nel momento in cui le prime armi con cui bisogna andare in trincea sono compattezza, capacità di soffrire (testimoniata dal modo in cui nell’ultimo segmento del match è stata assorbita l’espulsione di Bellusci per doppio cartellino giallo) e spirito di sacrificio.