Lagalla stravince a Palermo, ma lo fa con i suoi voti - la sua lista è il secondo partito del centrodestra - Festeggia Miccichè, che parte magri risultati di FdI e Lega per creare il fronte anti-Musumeci
Palermo e Messina riaprono le ferite del centrodestra Cede fronte progressista che registra il crollo del M5s
Roberto Lagalla non vince, stravince le elezioni amministrative più strane degli ultimi 30 anni a Palermo, tra candidati consiglieri finiti in manette ancora prima del voto, una campagna elettorale cominciata in fortissimo ritardo per le bizze del centrodestra e persino gli attacchi hacker e la moria dei presidenti di seggio. «La sua vittoria è quella del governo Musumeci», dirà più tardi il presidente della Regione parlando del suo ex assessore all’Istruzione. Vero, ma non troppo. In realtà a vincere è la trasversalità di Lagalla, capace di catalizzare voti da destra, da centro e da sinistra. Per quanto riguarda il partito-movimento di Musumeci, invece, un risultato piuttosto magro, come il piatto di Fratelli d’Italia, che porta a casa il risultato ma è ben lontano dall’essere il primo partito. Al vertice nel capoluogo si colloca invece Forza Italia, con Gianfranco Miccichè intenzionato più che mai a fare valere i propri crediti in una prova di forza, quella palermitana, da cui gli azzurri escono rinvigoriti, pronti più che mai a rilanciare, almeno per un pezzo di partito, quello che fino a qualche settimana fa era il loro mantra: «No alla ricandidatura di Nello Musumeci alla presidenza della Regione». E in luce ai numeri, ancora tutti da scoprire nel dettaglio, dello spoglio palermitano, Giorgia Meloni e i suoi hanno perso un bel po’ di vantaggio nel loro tanto sbandierato diritto di veto sulla scelta del prossimo aspirante inquilino di palazzo d’Orleans.
Persa per strada la Lega, con un risultato ai limiti dello sbarramento, il vero vincitore di questa tornata elettorale resta comunque Lagalla. La sua lista infatti si piazza al secondo posto per numero di preferenze dando vita di fatto alla questione politica che animerà le prossime settimane nel capoluogo di regione: che fine faranno i tanti candidati di Italia Viva che popolano la lista del nuovo sindaco? Diversi di loro saranno eletti, ma Matteo Renzi è stato chiaro: «Se vince Lagalla saremo opposizione». La partita è già iniziata e sarà tutta da giocare, giusto il tempo di godersi i festeggiamenti. Tempo che non è disposto ad aspettare Miccichè, che ha già pronte le strategie per arrivare in posizione di forza a chiedere un dopo Musumeci che non contempli il leader di Diventerà Bellissima – movimento che ha sofferto non poco il voto in quasi tutta la Sicilia -. Il presidente dell’Assemblea regionale ha già in mente un incontro con Cateno De Luca, che si riprende Messina addirittura al primo turno nonostante gli sforzi messi in campo da un centrodestra quanto mai agguerrito, con il fondatore di Sicilia Vera che mostra i muscoli anche in chiave Regionale, dimostrando sul campo a Musumeci e soci che sarà un avversario-interlocutore più ostico del previsto. Magari non uno in grado di vincere le elezioni, anche se non è dato saperlo, ma di certo un candidato in grado di farle perdere. E questo Miccichè lo sa bene.
E sa anche che per puntare a una stabilità di governo a Palermo è il caso di trattare con Fabrizio Ferrandelli. Il candidato sindaco di +Europa e Azione, terzo con merito dopo Lagalla e Franco Miceli, con molte meno frecce al suo arco ha dato non poca pressione al candidato unico del centrosinistra, portando a casa un risultato più che dignitoso. Ferrandelli tra l’altro è stato candidato sindaco di Palermo sia per il centrosinistra che per il centrodestra, ma entrambe le volte non c’è stata storia contro Leoluca Orlando. Alla luce della nuova era post orlandiana c’è da aspettarsi che il bancario ex deputato regionale sarà conteso da ogni fazione. Ossa rotte invece sul fronte del centrosinistra, che perde tutte le sfide importanti: secondo per distacco a Palermo, addirittura terzo a Messina. Regge ancora il Partito Democratico, ma questa tornata elettorale è stata segnata dall’avverarsi della profezia del disertore Dino Giarrusso, che aveva previsto il crollo dei 5 stelle. E così per grandi linee è stato. Mai decisivi in coalizione, un Movimento che sembra avere perso la propria forza propulsiva.