Costume e società

Da Roma a Palermo, la storia dell’ex odontotecnico diventato chef stellato: «Preferisco essere un cuoco che rischia»

Una valigeria che diventa ristorante, con un ex odontotecnico come cuoco. In realtà, uno chef stellato che però ama divertirsi tra i fornelli. Sono storie di rivoluzionari cambiamenti quelle che uniscono il Buatta cucina popolana di Palermo e Fabio Cardilio. Romano di nascita, trent’anni fa ha scelto il capoluogo siciliano per iniziare la sua nuova vita. «Ero un odontotecnico – racconta a MeridioNews – e lavoravo sempre seduto a modellare i denti delle persone». Un mestiere che presto si accorge non essere quello adatto a una «persona dinamica come me». A rimanere, però, è il focus sulla bocca. Prima quella dei pazienti, poi quella dei commensali. «All’improvviso, quando ho capito che quell’insoddisfazione avrebbe potuto mandarmi in crisi, ho deciso di cambiare lavoro». Una scelta che ha rivoluzionato l’intera vita di Cardilio che, per farlo, si è trasferito a Palermo.

«Mio fratello aveva un ristorante in città ed è da lì che è iniziato tutto». A essere precisi, dal lavello della cucina dove Cardilio ha cominciato come lavapiatti. «Un punto di vista comunque privilegiato, all’interno del laboratorio dove si lavorava alla preparazione di tutte le portate». La prima cosa ad attirare la sua attenzione è il procedimento della sfilettatura del pesce. «È stata la prima materia prima su cui ho messo le mani – dice – e che ho imparato a conoscere e apprezzare». Conoscenze pratiche a cui Cardilio affianca anche quelle teoriche. «Ai tempi – ricorda parlando del suo primo periodo a Palermo, negli anni Novanta – non c’era ancora internet. Così, ogni volta che avevo del tempo libero, andavo in biblioteca e divoravo libri di alta cucina. Pagina dopo pagina, ho scoperto un mondo e ho capito che sarebbe stato il mio». Un mondo che poi ha vissuto da vicino con diversi stage in rinomati ristoranti romani e con esperienze dirette insieme ai pescatori palermitani del Porticello.

Combinazioni che oggi è possibile trovare nello stile della sua cucina: piatti tradizionali e, al tempo stesso, ricette originali, in cui l’ingrediente principale è sempre l’attenzione per le materie prime nel rispetto della stagionalità dei prodotti. «Ricordo ancora – aggiunge Cardilio – quando dissi a mio fratello che, se entro un determinato periodo di tempo non avessi ricevuto una stella Michelin, allora avrei cambiato di nuovo mestiere. Tre anni dopo (nel 1996, ndr) – dice con umile orgoglio – era mia». Ed era solo il primo di tanti importanti riconoscimenti (il titolo Big gourmand della guida Michelin, due gamberi sul Gambero Rosso e la chiocciola di Slow Food per il 2023 confermata nel 2024) per l’ex odontoiatra che non gradisce l’appellativo di chef ma preferisce, piuttosto, essere chiamato cuoco. «Io sono un passionale – afferma Cardilio – e quasi mai seguo in modo preciso la ricetta di un piatto, mi piace cucinare con il fuoco vivo e mi concedo ancora di rischiare di fare degli errori ai fornelli pur di non rinunciare mai a sperimentare».

Poca meccanica e tanta creatività che hanno portato Cardilio alla scelta di affiancare al classico menù tradizionale anche il Viva la vita. «Un percorso culinario che si rinnova sempre, che cambia ogni giorno – spiega – perché dipende non solo dalle materie prime migliori disponibili, ma anche da quello che mi suggerisce la mia creatività. Con piatti sempre nuovi – aggiunge – non c’è mai monotonia, né per noi che li prepariamo né per le persone che vengono a mangiarli nel nostro locale». Nel quartiere che è il cuore del centro storico di Palermo, il Cassaro, la Buatta cucina popolana – che fa parte del gruppo di ristorazione palermitano Virga&Milano – ha reinventato quella che è stata la prima valigeria di Palermo, l’antica valigeria Quattrocchi del 1870. Le mura di impianto ottocentesco, l’insegna color grafite a mezzaluna, il tradizionale pavimento bianco e nero e alcuni arredi sono rimasti quelli. L’innovazione, però, è tutta in cucina dove Cardilio trasferisce a tutto il team il suo mantra: «La nettezza del gusto è come tornare all’origine primaria dell’essenza del cibo».

Marta Silvestre

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