Ci sarebbe l'interesse a bloccare la procedura fallimentare di un distributore di carburante all'origine dell'intimidazione ad Adriana Quattropani. I fatti sono accaduti a fine anno. Gli autori sarebbero i componenti della famiglia Vizzini e Giovanni Aprile. Avrebbero agito all'ombra del clan Giuliano
Pachino, 4 arresti per bomba carta ad avvocata Minacce per non perdere rifornimento di benzina
Sono stati individuati questa mattina i quattro soggetti ritenuti responsabili di avere messo una bomba carta sotto l’autovettura dell’avvocata Adriana Quattropani a Pachino, in provincia di Siracusa, lo scorso 29 dicembre. Si tratta del 54enne Giuseppe Vizzini detto Peppe Marcuotto, dei suoi due figli Simone (29 anni) e Andrea (24 anni) e del 40enne Giovanni Aprile, che si è costituito in mattinata dopo alcune ore in cui è stato irreperibile. Minaccia e violenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato, detenzione e porto illegale di un ordigno esplosivo sono i reati – aggravati dalle modalità mafiose e dalla finalità di agevolare il clan Giuliano attivo nel territorio di Pachino e Portopalo di Capo Passero – alla base delle custodie cautelari eseguite dalla polizia di Pachino, su disposizione del gip di Catania in un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura etnea.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, gli arrestati, dopo avere monitorato e seguito gli spostamenti della professionista, avrebbero posizionato e fatto esplodere l’ordigno danneggiando l’autovettura. L’avvocata stava svolgendo la funzione di curatrice fallimentare e aveva appena consegnato al suo legittimo proprietario un distributore di carburante gestito dalla ditta guidata dalla moglie di Giuseppe Vizzini. A Peppe Marcuotto viene contestato anche il reato di minaccia e violenza all’avvocata aggravato dalla modalità mafiosa per un fatto accaduto a febbraio dello scorso anno. In quell’occasione, Vizzini avrebbe intimidito la professionista, invitandola a interrompere la procedura fallimentare, e ricordandole l’uccisione del cognato per un regolamento di conti.
Nel corso delle indagini, gli investigatori hanno raccolto dichiarazioni e intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno permesso di ricostruire la dinamica precedente all’esplosione: una Renault Kangoo con Giuseppe Vizzini alla guida e il figlio Simone sul lato passeggero arriva sul luogo dell’esplosione. Il 29enne, dopo aver ricevuto un accendino da Giovanni Aprile, avrebbe posizionato l’ordigno sotto l’autovettura dell’avvocata Quattropani provocando l’esplosione. Si sarebbe poi disfatto della felpa che avrebbe potuto identificarlo consegnandola al fratello Andrea, che avrebbe partecipato all’attentato come palo seguendo con la sua Bmw gli spostamenti della curatrice fallimentare sin da piazza Indipendenza. Dal canto suo Vizzini senior sarebbe rimasto nella zona a controllare l’operato delle forze dell’ordine.
Gli inquirenti hanno ricostruito anche il tessuto criminale e la vicinanza al clan Giuliano dei quattro uomini ritenuti responsabili dell’attentato. L’azione intimidatoria rappresenterebbe una risposta all’offesa per la sottrazione del distributore di carburanti che avrebbe leso il prestigio criminale dell’organizzazione mafiosa sul territorio. A riprova dei legami degli indagati con il boss Salvatore Giuliano ci sarebbero anche le registrazioni di alcuni dialoghi con Giuseppe Vizzini, dai quali emergerebbe la condivisione di progetti criminali e l’interesse comune per la difesa della reputazione criminale. Oltre a questo i due sono legati da rapporti imprenditoriali: il figlio di Giuliano, Gabriele, e il figlio più grande di Vizzini sono i due titolari dell’impresa agricola La Fenice che, attiva dal 2013 nel settore della produzione ortofrutticola, recentemente è stata espulsa dal Consorzio di tutela del pomodoro di Pachino Igp.