Alta tensione fra il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e i sindaci del comprensorio jonico-etneo. Nodo del contendere ancora una volta il futuro dell’ospedale di Giarre. Era stato lo stesso governatore a convocare una riunione con gli amministratori dei dieci Comuni del Distretto socio-sanitario 17, in seguito alle recenti polemiche sulla ventilata chiusura del reparto di Psichiatria e la riprese delle proteste. Ma il vertice si è concluso con un nulla di fatto e l’abbandono del tavolo da parte del sindaco di Giarre, Roberto Bonaccorsi, al termine di una durissima disputa con Crocetta. All’incontro erano presenti anche i vertici dell’Asp di Catania e dell’amministrazione dell’ospedale riunito Acireale-Giarre, il senatore Pippo Pagano, i parlamentari regionali Concetta Raia e Salvo Giuffrida.
Proprio il primo cittadino Bonaccorsi aveva aperto i lavori ricordando il lungo elenco di «servizi e prerogative dell’ospedale venuti meno nel tempo» e le pressanti richieste provenienti dai cittadini sul problema della gestione dei casi più urgenti, dopo la ferita della chiusura, risalente all’anno scorso, del pronto soccorso giarrese: «Chiediamo che Giarre sia data la possibilità di gestire le emergenze in sicurezza e grazie a servizi efficienti», afferma il Bonaccorsi. Ma la replica di Crocetta non si è fatta attendere. «Il mio governo sta salvando i piccoli ospedali come quello di Giarre, grazie all’originale idea degli ospedali riuniti contenuta nel piano Borsellino-Crocetta». Il governatore così rivendica senza mezzi termini – non senza suscitare scetticismo fra gli amministratori – i meriti della riforma sanitaria messa in campo dall’allora assessora Lucia Borsellino. Il modello da seguire non cambia: al posto di piccoli presidi che non riescono ad autosostenersi, strutture ospedaliere frutto di accorpamenti – emblematico proprio il caso di Acireale e Giarre – «incentrate sull’eccellenza» e con una ripartizione «concordata con i territori» di specialità e servizi.
A questi, però, vanno aggiunti i punti di primo soccorso in ogni centro abitato. «Il tema di cui discutere è capire quali tipologie di servizi potenziare, come distribuire le specializzazioni, attraverso il dibattito con le comunità», ribadisce il governatore a più riprese. E, infine, prospetta ai sindaci l’idea di far elaborare all’Asp di Catania una bozza per un piano di rilancio dell’ospedale di Giarre, testo su cui poi proseguire con il confronto con i Comuni. Una disponibilità al dialogo che non ha soddisfatto i sindaci, tornati subito alla carica con la richiesta di provvedimenti e garanzia concrete.
Fra i più duri il sindaco di Piedimonte Etneo, Ignazio Puglisi: «Ci siamo visti soltanto pochi mesi fa e abbiamo discusso con questi stessi intenti, ma a Giarre non si è visto nulla. I cittadini non ci credono più e, d’altra parte, certe scelte non sappiamo più motivarle davanti a loro», dice. E prosegue: «L’ospedale di Acireale è al collasso, con tempi di attesa di oltre cinque ore, è su queste cose che il territorio dev’essere realmente ascoltato». Per altro verso, la sindaca di Linguaglossa, Rosa Maria Vecchio, pone l’accento sulle grandi distanze che separano l’area pedemontana dagli ospedali più vicini – «Per una sola ambulanza diventa difficile prestare assistenza in tempi rapidi, dovendo coprire un territorio che va da Castiglione di Sicilia all’Etna» – proponendo la creazione di una postazione del 118 a Piano Provenzana, in quota, da attivare durante la stagione invernale.
Infine, lo scontro tra Bonaccorsi e Crocetta. Quando il sindaco di Giarre domanda ulteriori e precise rassicurazioni sull’ospedale, anche in relazione alla manifestazione Rivogliamo l’ospedale prevista per domenica 21 febbraio in piazza Duomo – «perché noi vogliamo poter dire alla gente come stanno le cose con chiarezza, dare finalmente delle risposte» – il governatore attacca: «Io vi tengo aperto l’ospedale, vengo ad ascoltarvi, e voi mi organizzate la contestazione?». Una domanda alla quale Bonaccorsi risponde lasciando la riunione: «Il mio obiettivo era discutere in concreto della tutela del diritto alla salute in un territorio di oltre 80mila abitanti, non quello di fare polemica politica», spiega in una nota.
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