Si chiamano Vito il principe, Meu e Lorca assassina, sono tre ragazzi catanesi che circa un anno fa hanno unito le loro esperienze musicali dando vita ad una band che adesso si esibisce in tutta la Sicilia. Testi impegnati, mix di sonorità tra reggae, pop e rap, dialetto siciliano e l'amore per l'isola, che emerge in tutto quello che fanno. Nonostante le dificoltà. «Se sei un musicista, è un handicap stare qui. Catania, culturalmente parlando, è morta», dicono a Ctzen
Original sicilian style tra passione e difficoltà Elettroreggae di denuncia in salsa sicula
Sonorità reggae, strofe che alternano il dialetto siciliano a italiano e inglese, testi di denuncia sociale e un amore forte per la Sicilia che viene a galla in tutti gli aspetti del loro lavoro. Sono gli Original sicilian style, una band elettroreggaepop – come si definiscono – nata nel 2011 dall’«incontro fortuito» di Vito il principe, Meu e Lorca assassina, al secolo Enrico Pellegrino, 28 anni, Carmelo Mirabella, 30 anni, e Luca Rinaudo, 44 anni. Tre catanesi attivi da anni nella scena musicale etnea con esperienza diverse: Lorca fa il dj «da tempo immemore», mentre Vito e Meu nel 2004 hanno fondato il gruppo demenziale Vito il principe e i Figghi pessi, anche se per vivere fanno altro. Il primo lavora all’aeroporto e il secondo fa l’impiegato. Un anno fa, la svolta con il nuovo gruppo. Messe da parte le parodie, oggi il trio affronta tematiche impegnate, come le condizioni dei migranti, gli incidenti del sabato sera e, con il loro ultimo singolo Il gesto, i suicidi causati dalla crisi economica. Una canzone che «non è un attacco alla classe politica attuale, ma al sistema che non funziona», spiegano. Con un debut ep appena uscito e un progetto ben avviato, gli Original girano la Trinacria in lungo e in largo. Nonostante le difficoltà. «Fare musica qui è difficile perché, soprattutto a Catania, non c’è più spazio per la cultura», affermano.
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Quando vi siete incontrati e come è cominciata la vostra avventura musicale?
Lorca: «È iniziato tutto da un incontro fortuito, circa un anno fa, durante il programma tv di Sky Made in Italy. Io in quel periodo suonavo raggae con Zu Luciano e i ragazzi erano ancora ne I figghi pessi. Enrico era un amante del genere e mi ha proposto di fare qualcosa insieme. Da lì è partito tutto. Abbiamo cominciato a collaborare, realizzando il nostro primo pezzo, Il mio sole. Ricordo che il video l’abbiamo girato a casa mia. Poi sono cominciate le serate e la collaborazione si è stretta ancora di più, così abbiamo deciso di fare un passo in avanti e dar vita all’Original sicilian style moviment, che all’inizio doveva essere un movimento che raggruppasse tante band siciliane, ma che purtroppo non è andato in porto. Però siamo rimasti noi e c’è rimasto il nome».
Una svolta reggae, quindi. Anche se nella vostra musica si distinguono sonorità pop e influenze hip-hop.
Lorca: «Abbiamo cominciato con il reggae classico, ma adesso stiamo sviluppando una musica con un’impronta tutta nostra. Ci muoviamo verso strade diverse, più elettroniche, che subiscono le influenze dei nostri gusti musicali e mescolano le nostre esperienze passate. Enrico (Vito, ndr), che scrive i testi, viene dal punk, dalle parodie e dall’underground, Carmelo (Meu, ndr) è la nostra anima pop e io ho un passato di rock anni ’80 e ’90, ma qualche anno fa ho scoperto la passione per il reggae. Ci piace definire il nostro sound un elettroreggaepop».
Dalle parodie demenziali di Vito il principe e i Figghi pessi al reggae impegnato con testi di denuncia sociale come Il confine, che parla di migranti e viaggi della speranza. La vostra è una svolta radicale.
Vito: «Per un artista il cambiamento è sempre positivo. Il progetto dei Figghi pessi era in evoluzione, queste nuove sonorità, insieme a testi che parlassero di quello che ci succede intorno, ci sono piaciuti di più, e abbiamo deciso di cambiare. Anche se devo dire che scrivere testi demenziali è molto più difficile. C’è molto più lavoro, perché devi andare a cercare la cosa che faccia ridere e lavorare su un’idea finché quello che hai in mente non ti riesce. Può sembrare facile ma non lo è».
Un nuovo sound e nuove tematiche quindi, da cui è venuto fuori anche Il gesto, il vostro nuovo singolo. Una canzone di denuncia che parla di crisi economica e disperazione che porta fino al suicidio, un argomento purtroppo più che mai attuale negli ultimi mesi. Perché avete deciso di metterlo in musica?
Vito: «Quando scrivo racconto la realtà, quello che vedo e che sento. La scintilla è venuta da quello che ogni giorno leggevo sui giornali o vedevo in tv. Un artista assorbe quello che lo circonda e cerca di esprimerlo come può. In questo caso ho voluto esprimere un disagio ed è venuta fuori Il gesto, una canzone che ho scritto di getto».
Lorca: «Abbiamo sempre avuto un’attenzione particolare per le problematiche sociali. Adesso è venuta fuori più forte, ma a modo nostro. Il testo, ad esempio, ha una vena ironica e prende in giro un problema sotto un’altra veste. Lo stesso fa il video. Non è un attacco alla classe politica attuale, ma al sistema che non funziona: non al politico di turno, ma al potere in genere. Noi facciamo musica di denuncia, ma non siamo schierati con nessuno».
Un’altra particolarità delle vostre canzoni è il binomio linguistico tra italiano e siciliano. Un’impronta di Sicilia molto forte caratterizza tutto il vostro lavoro: dai testi, alla grafica del sito internet, al logo del gruppo – una pianta di fichi d’India – alla copertina del vostro primo ep, che rappresenta tre carte siciliane con personaggi rasta. Quanto l’essere siciliani è importante per la vostra musica?
Vito: «Per me al cento per cento. Con il dialetto dai quel segno di sicilianità che ci deve essere. È diverso scrivere in siciliano rispetto all’italiano. C’è uno studio dietro, un lavoro di note, di sillabe, di rime. Quando scrivo devo sempre cercare la parola giusta e in siciliano riesco ad esprimermi meglio. Ma scrivo anche in inglese, oppure solo in italiano. Dipende dalla canzone, dal concetto che devo trasmettere e dall’ispirazione del momento. Però, anche quando canto in italiano, cerco sempre di non cancellare la mia cadenza sicula. È un mio tratto distintivo».
Lorca: «La Sicilia è la nostra cultura e cerchiamo sempre di far emergere le nostre radici in tutto quello che facciamo».
Siete catanesi e vi esibite nelle piazze di tutta la Sicilia. Com’è fare musica qui?
Lorca: «Difficile. Sicuramente quando sei un musicista è un handicap essere in Sicilia, così come vivere al Sud, perché tutti i movimenti sono a Roma o a Milano, dove c’è l’industria musicale. Nella nostra terra non hai le opportunità che potresti avere fuori».
E a Catania?
Vito: «È difficile suonare a Catania, perché alla qualità si preferisce la quantità e nei locali funziona solo il “quanta gente mi porti?”. Facciamo serate in giro per tutta l’isola, ma in città non suoniamo mai».
Lorca: «Catania, musicalmente parlando, è morta. Non c’è più il fermento di una volta. Non si fa promozione e non si incentivano i giovani gruppi a suonare. È difficile, forse più che in altri posti. E non solo sul piano musicale. Non c’è più spazio per la cultura. Viviamo in un terrà che potrebbe vivere di cultura, di turismo, di bellezza, ma che purtroppo è gestita da gente sorda e chiusa».
Un rapporto di amore complesso quindi, quello con la Sicilia. Avete mai pensato di andare via?
Lorca: «Non siamo più i ragazzini che prendono un pullman e vanno via. Ma, chissà, non si può mai sapere quello che ti aspetta. Intanto stiamo qui nella nostra terra».
Vito: «Ricominciare da zero è pesante, in tutto. Le difficoltà ci sono, ma io trovo più soddisfazione nel riuscire a fare musica qui. E poi, se vivi fuori, è difficile stare lontani dalla Sicilia. Vuoi tornare, il richiamo delle radici lo senti sempre».
Vi piacerebbe vivere di musica?
Vito: «Sì, ma non si può fare. Perché non hai gli introiti. Puoi fare anche sessanta serate all’anno, ma i costi di produzione che ci sono alle spalle sono enormi. Tutto quello che incassiamo è reinvestito nel progetto. L’unico modo per guadagnare è fare una canzone all’anno, ma se scrivi tanto e produci sempre lavori nuovi non ce la fai. Noi siamo pazzi, ma è la passione che comanda».
Lorca: «Diventa una malattia, vuoi uscire sempre con una cosa nuova. Intanto ci interessa solo riprendere le spese, poi si vedrà. Abbiamo abbracciato a piene mani l’amore per la musica, per metterla in pratica con le persone giuste. Perché non hai sempre l’opportunità di farlo. Magari resterà un sogno, oppure domani potremmo avere una soddisfazione più grande. Non si può mai sapere. L’importante è fare».
Quali sono i progetti futuri degli Original sicilian style?
Lorca: «Prima di tutto il lancio del nostro primo ep omonimo, che presenteremo ufficialmente il 29 luglio a Nati a Sud, una serata ai Pini di Nicolosi con tanta musica dal vivo, in cui ci saranno anche i Sud Sound System. Adesso stiamo cercando dei punti vendita per la distribuzione, anche se non ci interessa guadagnarci su. La gente non compra più i dischi, ma è comunque importante dare il segnale che, se hai un progetto, lo metti in pratica. Il disco per noi è questo: il nostro battesimo. E poi un tour estivo in giro per la Sicilia. Sicuramente continueremo con questa esperienza, cercando di dare il massimo della qualità musicale e sperando di riuscire ad ottenere un maggiore appoggio sul fronte della produzione, magari con un’etichetta che ci aiuti. Anche se quello che più conta per noi è il divertimento di continuare a suonare insieme».