Blitz Ermes, i pizzini e il dopo Gondola Procuratore Principato: «Individuati altri postini»

La domanda è: a chi è andato, dopo l’arresto di Luigi Cimarosa e dunque dopo le sue rivelazioni agli inquirenti, il controllo della rete dei pizzini? Perché è cosa nota che seguire il “flusso dei pizzini” è di fondamentale importanza per gli investigatori e a gestirlo era stato, almeno fino al 2013, Vito Gondola, boss di Mazara del Vallo, uno degli arrestati di oggi, il cui nome era già sui verbali della procura palermitana e sui giornali, poco dopo l’arresto di Cimarosa, cugino di Messina Denaro, nel dicembre del 2013. 

Va da sé quindi che il flusso dei pizzini venisse immediatamente stoppato dal boss latitante di Castelvetrano, che usa abbandonare i personaggi che sono stati scoperti, rendendo più difficile l’attività investigativa. Probabile, quindi, che sia questo il motivo per cui quell’anno, vi fu una sospensione dell’attività di comunicazione tramite i bigliettini.

«Abbiamo già individuato alcuni personaggi che hanno sostituito Gondola – dice a MeridioNews il pm Teresa Principato che porta avanti le indagini insieme all’aggiunto Paolo Guido e al sostituto Carlo Marzella -. Il flusso dei pizzini, dopo uno stop, è ripreso e si è susseguito fino a oggi, per quanto ci risulta, e l’operazione Ermes ha dato un ennesimo stop». 

La rete di comunicazione gestita da Gondola si serviva di altri 10 pizzinari, oggi arrestati.  L’operazione Ermes è la prosecuzione dell’indagine scattata nel 2011 e che aveva portato all’arresto di diversi fiancheggiatori del latitante di Castelvetrano Messina Denaro e che aveva costretto Cosa nostra ad una riorganizzazione della rete dei pizzini, le cui regole erano chiare e precise: lo smistamento avveniva durante i summit e nascosti sotto terra. Il tutto avveniva in due masserie nelle campagne di Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, di proprietà di Gondola e Terranova anche lui arrestato oggi. 

Al termine delle riunioni i “collettori” li andavano a prendere e li davano ai destinatari e il trasporto avveniva attraverso la rete di undici postini. I pizzini erano ripiegati e chiusi con dello scotch. I messaggi dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano giungere entro termini prefissati, al massimo 15 giorni. Le indagini, che sono proseguite quindi dopo il 2013, «non sono solo la conseguenza dell’arresto di Cimarosa e delle sue rivelazioni – dice il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi -. Si è andati avanti in questo anno e mezzo con appostamenti e intercettazioni». E proprio dalle intercettazioni emergono i dialoghi tra Scimonelli, Gondola e Giambalvo, che usavano un linguaggio criptico. 

Ma emerge, comunque, come ha spiegato Renato Cortese, capo dello Sco, che «Cosa nostra trapanese è totalmente nelle mani di Messina Denaro. Non si muove foglia su quel territorio senza il suo placet. Sceglie e dà incarico ai capo mandamento della provincia di Trapani. Ci sono anche tracce di collegamenti su Palermo, ma più di questo non possiamo dire al momento».


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