Ascoltato questa mattina per oltre un’ora, ha ricostruito davanti alla seconda Corte d’Assise la scena che si è trovato davanti il 3 marzo dell’anno scorso, dopo aver udito il rumore di alcuni spari. «Non ricordo nessun dettaglio della persona raggiunta dai colpi, ero concentrato solo su chi stava sparando»
Omicidio via Falsomiele, in aula il super testimone «Ho visto il killer finire un uomo riverso in strada»
«Ho visto un uomo più alto di me, vestito di scuro, che sparava a un altro uomo, poi finito a terra. Continuava a sparare e a guardarlo, stando al centro della carreggiata insieme a un’altra persona, entrambi fuori da un Suv». È questo quello che vede quel 3 marzo 2016 in via Falsomiele il super testimone che, secondo l’accusa, incastrerebbe i coniugi Adele Velardo e Carlo Gregoli, accusati di essere gli assassini di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela. Quel giorno lui è a bordo della sua Panda, quando a un certo punto ad attirare la sua attenzione è il rumore di alcuni spari. Sta percorrendo via Valenza, non ci pensa un attimo e imbocca via Falsomiele. Vede il Suv nero, le due persone fuori dalla vettura immobili al centro della strada e gli istanti finali del duplice omicidio. «Non ricordo nessun dettaglio della persona raggiunta dai colpi, ero concentrato solo sugli spari e su chi stava sparando», racconta.
Sono istanti veloci, concitati. Non scorge nemmeno la seconda auto, la Fiat 500 bianca delle due vittime, cooperta dal Suv. Fa retromarcia e si allontana in direzione opposta, ma continua a tenere lo sguardo sulla scena attraverso lo specchietto retrovisore. Un racconto, il suo, che seppur breve, è confermato anche dalle immagini riprese dalla telecamere della zona, che quel giorno immortalano le tre macchine passare per quelle vie negli orari stabiliti grazie a testimoni e perizie. Nelle inquadrature si vede anche il fuoristrada visto solo qualche minuto prima dall’uomo a bordo della Panda, che in retromarcia attraversa la via che porta alla villetta dei coniugi.
La sua descrizione si concentra soprattutto sull’uomo protagonista dell’atto finale, «sulla cinquantina, brizzolato, con un giaccone scuro e una pistola in mano, scura anche quella». Non è un intenditore di armi lui, ma ha prestato servizio militare e di pistole ne ha viste, pur non avendone mai usata una. In aula gli viene mostrata la foto di un revolver grigio metallizzato, ma lui non si sente abbastanza sicuro per dire qualcosa rispetto a quell’immagine, «ricordo solo che era scura». L’uomo che la impugna forse nemmeno lo nota, quando il super testimone arriva gli dà le spalle. Gli altri testi dell’accusa saranno sentiti all’udienza della prossima settimana. Mentre oggi il giudice Alfredo Montalto ha sciolto la riserva sulla richiesta del pm Claudio Camilleri per la ricerca di eventuali tracce di polvere da sparo sui reperti acquisiti.