Si è concluso con la condanna a oltre 16 anni di reclusione il processo d'appello per l'ultimo degli imputati per l'omicidio di Pierantonio Sandri, il giovane niscemese ucciso nel 1995. Capovolto il giudizio del primo grado che vedeva assolto Cancilleri. Ad incastrarlo «le dichiarazioni dei complici e la conferma del movente», spiega Enza Rando, legale di Libera, che da sempre ha seguito il caso, rimanendo vicina alla madre Ninetta Burgio. «Ma resta una giornata in parte triste perché delle giovani vite sono state spezzate», commenta il referente catanese dell'associazione di don Ciotti
Omicidio Sandri, condannato Cancilleri Determinanti dichiarazioni del reo confesso
Condanna a 16 anni e 6 mesi per Salvatore Cancilleri. Si chiude così, in secondo grado, la vicenda giudiziaria per l’omicidio di Pierantonio Sandri, il giovane niscemese ucciso nel 1995 perché «possibile testimone di un atto intimidatorio di tipo mafioso», come afferma l’avvocato della famiglia – parte civile nel processo – ed esponente dell’associazione Libera, Enza Rando. La condanna di Cancilleri capovolge l’esito del primo grado di giudizio in cui il giovane, minorenne all’epoca dei fatti, era stato assolto, e si aggiunge a quella a 18 anni e otto mesi comminata a Vincenzo Pisano e Marcello Campisi a novembre, e a quella di Luciano Chiavetta condannato a 16 anni dal tribunale dei minori.
Sono state proprio le dichiarazioni di quest’ultimo, reo confesso, «suffragate dagli altri due imputati, nell’ultimo giorno prima della sentenza di novembre», spiega l’avvocato Rando, a fare cambiare l’esito del processo per Cancilleri. «La formula d’assoluzione del primo grado, infatti – continua il legale – era dubitativa, ma non essendoci prove certe, il giudice ha ritenuto di assolverlo». Due i processi eseguiti: uno per i maggiorenni Pisano e Campisi, l’altro per i minorenni Chiavetta e Cancilleri. Quest’ultimo non ha mai confessato, ma ad incastrarlo sono state proprio le dichiarazioni dei complici «che hanno ammesso la partecipazione di Cancilleri, – continua Rando – e hanno confermato il movente».
E’ stato accertato che il giovane Sandri aveva assistito per caso all’appiccare di un incendio per fini intimidatori dellauto di uno dei candidati alla corsa elettorale dellepoca. «Il proprietario ha ribadito che gli è stato bruciata la macchina in quei giorni, confermando quindi il movente», continua Rando.
Una giornata importante per l’associazione Libera che ha seguito il caso fin dall’inizio. «Oggi si scrive un’importante pagina di giustizia – afferma Giuseppe Strazzulla della sezione catanese – che non ha solo un significato giuridico, ma soprattutto sociale perché ristabilisce la verità. La nostra presenza davvero numerosa – continua – è una grande soddisfazione per me». Una giornata positiva che non cancella la tristezza, sia secondo Strazzulla che Rando. Da una parte perché Pierantonio Sandri e sua madre Ninetta Burgio non ci sono più, «anche se so che lei ci guarda da lassù», afferma l’avvocato, dall’altro «perché sullo sfondo c’è sempre la condanna di giovani la cui vita è stata spezzata, per cui evitiamo trionfalismi inutili», conclude Strazzulla.