Ai nomi, già noti, dei boss Nino Madonia e Gaetano Scotto, si aggiungerebbe quello di un possibile testimone del delitto, all'epoca solo un ragazzo, che per tutto questo tempo sarebbe rimasto in silenzio. «È un momento benedetto, vorrei ci fosse mia madre»
Omicidio Agostino, pg Scarpinato chiederà il processo E spunta un terzo indagato. «Andava a pesca con Nino»
«Un momento benedetto da molto lontano». Così Nunzia Agostino, la sorella dell’agente Nino Agostino ucciso insieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, appena saputa la notizia. La procura generale di Palermo, che ha avocato a sé il caso nel 2017, sarebbe intenzionata a chiedere il processo per quell’atroce delitto di quasi 31 anni fa. Il provvedimento di chiusura delle indagini è stato notificato, come riportato da Repubblica Palermo, a Nino Madonia e Gaetano Scotto, gli stessi nomi sui quali poche settimane fa il giudice per le indagini preliminari Marco Gaeta aveva messo un punto, respingendo la richiesta della stessa procura generale di arrestare il boss di Resuttana e quello dell’Acquasanta, ritenendo che non ci fossero elementi a sufficienza. Adesso il pg Roberto Scarpinato è intenzionato a procedere, e non solo nei confronti dei due boss palermitani.
A sorpresa si aggiungerebbe il nome di un terzo indagato per favoreggiamento: si tratta di Francesco Paolo Rizzuto, ai tempi un amico del poliziotto ucciso. «Mi ricordo di lui – dice Nunzia Agostino -, all’epoca era poco più che un ragazzo, pescava con mio fratello. Ma non so dire nulla sul suo ruolo nell’omicidio». Perché la procura generale ipotizza, adesso, che possa aver addirittura assistito, quel 5 agosto, al delitto dei due coniugi che avevano appena varcato il cancello della villetta di Villagrazia di Carini, senza dire mai nulla per tutto questo tempo. «Vorrei tanto che mia madre fosse qui», dice infine Nunzia, ripensando a sua mamma, Augusta Schiera Agostino, morta a febbraio dell’anno scorso, una donna divenuta simbolo, insieme al marito Vincenzo, dell’instancabile ricerca di verità. Quella che è stata negata a questa famiglia per oltre 30 anni. Un’attesa lunghissima che ancora non trova pace, fatta inoltre di non pochi ostacoli e bocconi amari da digerire.
Come le archiviazioni chieste in questi anni. Tra queste quella, alla quale ha fatto seguito l’avocazione della procura generale, avanzata dai magistrati Teresi, Tartaglia, Del Bene e Di Matteo per l’indagine a carico proprio di Madonia, Scotto e un terzo personaggio, Giovanni Aiello, l’ex ispettore di polizia con un passato nei Servizi segreti soprannominato faccia da mostro per via di alcune profonde cicatrici che gli deturpavano il volto, uscito fuori dai giochi, però, dopo la sua morte nell’agosto del 2017. La sua figura emerse successivamente nelle indagini sul delitto: per l’accusa lui sarebbe stato l’uomo che avrebbe aiutato i killer a fuggire dopo l’omicidio. Solo che per quelle indagini, poi, i magistrati scriveranno che non era stato possibile giungere a «riscontri individualizzanti in termini di certezza probatoria sufficiente a esercitare proficuamente l’azione penale».
Ma c’è un altro nome che, piano piano, entra dentro la vicenda: è quello dell’allora ispettore Guido Paolilli, collega e amico dell’agente Agostino. Ma anche uno dei fedelissimi di Arnaldo La Barbera, che dopo il delitto lo richiama a Palermo dalla questura di Pescara, dove ha preso da tempo servizio, per indagare. È lui che perquisisce la casa dei coniugi assassinati, distruggendo alcuni importanti documenti. Un gesto accertato in sede giudiziaria ma prescritto. A riprova di ciò, c’è anche una conversazione emblematica intercettata a casa dell’ex ispettore nel 2008. Conversazione durante la quale commenta col figlio una trasmissione tv in cui sono ospiti proprio i genitori di Nino Agostino, che raccontano come nei giorni precedenti all’omicidio il figlio «si sentiva pedinato, a rischio, su un foglietto che è stato ritrovato nel suo portafoglio scrisse “se mi succede qualcosa cercate nel mio armadio“».
Armadio in cui a guardare sarebbe stato proprio Paolilli, che al figlio, che gli chiede cosa ci fosse lì dentro, risponde secco: «Una freca di cose, che… proprio… io ho pigliato e poi ne ho stracciato…». Viene indagato per favoreggiamento in concorso aggravato nel 2008, procedimento che finisce poi archiviato. Distruggere quei documenti ha di fatto contribuito, secondo la famiglia Agostino, al depistaggio messo in atto per sviare le indagini e impedire che si scoprisse la verità sull’omicidio. Motivo per cui l’ex ispettore è stato citato dai famigliari dell’agente Agostino e dovrà presentarsi in aula il prossimo febbraio. «Una fioca luce in fondo ad un lungo e triste tunnel lungo 31 anni. Un tunnel fatto di silenzi anche istituzionali, stranezze e quelli che sembrano depistaggi studiati ad arte per coprire qualcuno – il commento del sindaco Leoluca Orlando -. Come sempre, un affettuoso pensiero non può che andare ad Augusta, la mamma che per tanti anni ha continuato a chiedere, con il suo composto dolore, che fosse fatta giustizia. Che questo diritto sia almeno garantito a Vincenzo, che ci ricorda la necessità di non dimenticare e continuare a batterci per la verità».