Omicidio Agostino, la perquisizione in casa di Contrada «Non l’ho mai conosciuto, seguito vicenda sulla stampa»

«Non ho mai conosciuto l’agente Nino Agostino. Non sapevo che esistesse prima della sua efferata uccisione con la moglie». Questo il primo commento, rilasciato all’Ansa, di Bruno Contrada in merito alla perquisizione della sua abitazione, scattata nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio dell’agente Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989 insieme alla moglie Ida Castelluccio. Un duplice delitto ad oggi ancora senza colpevoli. «Non ho mai avuto alcun rapporto con lui. Ho seguito la vicenda sulla stampa», insiste l’ex numero due del Sisde, che ha scontato dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa salvo poi, l’estate scorsa, essere totalmente scagionato dalla sentenza della Cassazione, che ha revocato la condanna. 

«Non ho mai dato una lettura dell’omicidio Agostino agli inquirenti. Non me ne sono occupato, ero a Roma da quattro anni quando lo hanno ucciso. L’agente della polizia di Stato Guido Paolilli, abruzzese – dice ancora – è uno dei migliori poliziotti che abbia mai conosciuto, era agente della squadra mobile palermitana. Arrestava mafiosi, criminali. Negli ultimi tempi mi è stato vicino. Ha subito un grave lutto e mia moglie lo consolava». Paolilli era stato indagato per il depistaggio delle indagini sul delitto Agostino. Non mancano i commenti anche su un altro personaggio al centro dell’inchiesta sul duplice omicidio dell’89, Giovanni Aiello, l’ex agente della mobile indagato per il duplice omicidio insieme ai boss Gaetano Scotto e Nino Madonia, morto l’estate scorsa.

«Giovanni Aiello era scomparso dalla mia memoria. Ho avuto migliaia di persone alle mie dipendenze negli anni in cui ho svolto incarichi di dirigente di polizia e al Sisde. Quelli che avevo più vicini li ricordo bene. Di lui avevo un vago ricordo come un poliziotto malvestito, sporco, con una ferita alla guancia», in riferimento alla cicatrice che ne deturpava il volto e che gli è valsa il soprannome di faccia da mostro. «Aiello sarebbe stato alle mie dipendenze negli anni ’70 – continua -. Dopo che il suo nome era venuto alla ribalta ho chiesto a un sottufficiale mio ex collega chi fosse. Lui mi ricordò che una volta incontrandolo gli dissi: “Il litigio col barbiere continua?”. Macché agente segreto. Nel luglio 2017 la procura di Reggio Calabria mi ha fatto perquisire due volte l’abitazione per cercare di scoprire qualcosa sui miei rapporti con Aiello. Non c’era nulla da scoprire». Aiello era finito nell’inchiesta sull’omicidio Agostino e durante un confronto all’americana era stato riconosciuto dal padre del poliziotto, Vincenzo, come una delle persone viste nella villetta di Villagrazia prima dell’omicidio.

I magistrati reggini nel decreto di perquisizione avevano scritto che Contrada «è risultato essere la persona più strettamente legata ad Aiello nella Polizia di Stato». Fonte dell’informazione sarebbe «una persona pienamente attendibile che non si nomina per motivi di sicurezza». E a cui Contrada oggi ribatte: «È una menzogna colossale». Mentre il suo avvocato intanto parla di «persecuzione giudiziaria che continua». E sui social condivide: «Esiti investigativi rilevanti nella perquisizione Contrada: un album fotografico con la Squadra Mobile e il Dott. Giuliano, trascrizioni di pubblici processi, manoscritto non terminato di Contrada di due pagine contenente una lettera non terminata da indirizzare alla Procura della Repubblica di Palermo. Complimenti per la brillante operazione! Seguiranno aggiornamenti».


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