Dodici anni dopo l'oro di Atene 2004, la squadra femminile di pallanuoto torna su un podio che conta. Seconde sul tetto del mondo dopo la formazione statunitense, che negli ultimi anni ha vinto tutto quello che poteva vincere. Ma il secondo gradino va oltre le speranze dell'inizio di questi giochi di Rio 2016
Olimpiadi, argento per il Setterosa di pallanuoto Le azzurre seconde per 12-5 dopo le statunitensi
Una squadra che aveva tutto da perdere e un’altra con tutto da guadagnare. La finale Usa-Italia di pallanuoto femminile, alle Olimpiadi di Rio 2016, è stata una sfida piena di tensione: vissuta con intensità dalle statunitensi e con grande voglia di dimostrarsi all’altezza da parte delle italiane. Il Setterosa si aggiudica una medaglia d’argento che va oltre le previsioni migliori e che riporta la formazione nostrana ai vertici della pallanuoto mondiale. E, oggi come all’inizio degli anni 2000, a festeggiare sul podio c’è un po’ di Catania.
I sorrisi di Rosaria Aiello e Tania Di Mario, che segna il quinto gol col quale chiude la carriera, con l’argento al collo segnano una festa per il capoluogo etneo. La prima, catanese, è centrovasca della Waterpolo Messina e della Nazionale. La seconda, capitana della squadra azzurra, è catanese solo d’adozione: nata a Roma, infatti, gioca ormai da vent’anni per l’Orizzonte Catania. Entrambe hanno dato il massimo nel corso di una partita che si è decisa forse al fischio d’inizio: il primo gol è delle statunitensi, seguito di poco dal pareggio delle azzurre, che rompono il ghiaccio pochi secondi dopo il via.
Gli altri tre tempi consolidano il vantaggio degli Usa: al quarto tempo stanno dieci a quattro. E l’Italia deve fare sei gol in sei minuti per riuscire a riprendere le colleghe d’oltreoceano. Un rigore guadagnato dalle statunitensi segna l’ulteriore vantaggio. Al Setterosa, però, toccano anche un palo e qualche attacco sbagliato, ma la metà campo in cui si gioca la partita è quella dell’Italia. Un attacco dopo l’altro, una parata e qualche difesa andata a buon fine. Ma la distanza è troppa. Alle azzurre, però, non importa. È secondo gradino del podio. Non ci salivamo dai tempi dell’oro di Atene 2004.