Occidente e Islam: il solco tra due mondi

Nelle proteste e violenze antiamericane che si sono propagate dal Nord Africa al Medio Oriente, con quella rabbia furiosa causata da uno pseudo film di bassissima qualità caricato su Youtube e che offende la figura del profeta Maometto, ci appare tutta l’immensità del solco che divide due mondi: quello dove la libertà di espressione è ormai un valore irrinunciabile che deve essere salvaguardato, e quello dove questa libertà non è identificata come un valore ma è anzi considerata il male assoluto.

Qui non si vuole difendere gli autori di quel video assurdo. Ma la libertà d’espressione non è un valore che si soppesa con la qualità o la professionalità di chi esprime con un video la sua idea. Anche gli imbecilli devono essere lasciati liberi di esprimere cretinate per poter salvaguardare la libertà di tutti gli altri.

Ma con la tecnologia dell’internet, c’è ora una parte del mondo dove la cultura e il valore della libertà d’espressione diventa un’arma di sommovimento di massa. Il paradosso è che, quelle masse che oggi possono protestare nelle piazza del Cairo o di Tunisi, devono proprio a internet la libertà di poter sfogare la loro rabbia (e le loro frustazioni). Prima della cosiddetta “Primavera araba”, qualunque dimostrazione non autorizzata in questi Paesi sarebbe stata schiacciata dai cingolati dei mezzi corazzati lanciati sulla folla dal dittatore di turno. (nella foto sopra, Il Cairo, proteste davanti la sede dell’ambasciata Una, foto tratta da repubblica.it)  

Le rivolte che hanno cambiato regimi fino ad allora inamovibili in Tunisia ed Egitto sono potute accadere perché Barack Obama, capovolgendo decenni di politica estera americana, dette chiari segnali a Ben Alí e Hosni Mubarack che non avrebbe tollerato l’uso della violenza sui dimostranti.

Toccò proprio al Segretario di Stato, Hillary Clinton, in un discorso sulla libertà su internet pronunciato nel gennaio 2010 (10 mesi prima della rivolta in Tunisia!) enunciare la nuova “dottrina” della politica estera Usa, intimando proprio al dittatore tunisino e a quello egiziano di scarcerare i blogger che fino a quel momento venivano regolarmente arrestati solo perché esercitavano il loro diritto umano di libertà d’informazione. Senza l’amministrazione Obama e la sua “dottrina” di voler difendere la libertà di espressione su internet anche fuori dalle frontiere degli Usa, non ci sarebbe stata alcuna primavera araba nell’autunno del 2010.

Ora, altre masse di giovani (perché non crediamo che i giovani che oggi violentemente protestano contro il video siano gli stessi che protestavano un anno fa) approfittano della libertà conquistata grazie soprattutto agli Stati Uniti per gridare il loro odio contro l’America. (a destra, Obama e Hillary Clinton, foto tratta da me.simplespot.it) 

Nella loro cultura dove la libertà di espressione non è un valore, questi giovani musulmani integralisti non riescono a capire perché un video ritenuto blasfemo possa ancora rimanere sui motori di ricerca di Google e continuare ad apparire su Youtube, e non comprendono perché gli autori del film non vengano arrestati per subire le più atroci torture. Per loro l’America non può essere che “complice” dato che assicura ai “blasfemi” una libertà d’espressione che per loro è lungi dall’essere un valore ma semmai è il braccio del demonio.

Sono due mondi a parte, come due computer con sistemi operativi diversi, che non comunicano sulla stessa piattaforma di valori che nel cosidetto Occidente furono siglati con il Primo Emendamento della Costituzione Usa e la dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino della rivoluzione francese, entrambi datati 1789!

Allora la cosiddetta ‘Primavera araba’ sarebbe stata soltanto un’illusione e in questi Paesi a maggioranza musulmana dobbiamo preparaci ai venti gelidi del “fondamentalismo”?

Il percorso compiuto dalle rivoluzioni che hanno cambiato comunque il corso della storia in Tunisia e in Egitto (e in parte in Libia, Siria, Yemen…) comincia terribilmente ad assomigliare a quello delle “due” rivoluzioni che avvennero in Russia nel 1917. La prima fu quella che abbatté il regime degli zar e che aveva visto protagoniste le forze politiche che avrebbero voluto avvicinare la Russia a certi modelli di libertá già conquistati in Europa. Ma quella rivoluzione fu poi presa in ostaggio dalla rivoluzione di ottobre, quella dei bolscevichi di Lenin, che meglio organizzati e risoluti riuscirono a trasformarla nella spietata dittatura del partito unico.

Sta accadendo giá questo in Egitto e in Tunisia?

Tutto dipenderà dalla reazione che avranno le forze che fecero partire la ‘Primavera araba’, quelle che invasero all’inizio le piazze di Tunisi e Il Cairo per ottenere certi valori fondamentali democratici e che per difenderli erano pronti a rischiare la vita. In questi giorni i protagonisti di un anno fa appaiono come congelati, in silenzio. Se esistono ancora, dovrebbero farsi sentire adesso. In quel caso, l’amministrazione Obama dovrebbe farsi trovare pronta, come lo fu due anni fa, a difendere la lotta per la salvaguardia dei valori democratici, di cui la libertà d’espressione è quello fondamentale, e che motivarono le speranze della ‘Primavera araba’.

Questo articolo viene pubblicato contemporaneamente su America Oggi

Stefano Vaccara

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