Obama chiama alla guerra gli europei in Ucraina: “Quanno mamma chiama, ‘u picciuottu s’apprisenta”

IL ‘PREMIO NOBEL PERLA PACE’ CHE HA SCATENATO LA GUERRA IN MEZZO MONDO HA DATO ORDINI AI SUOI SUDDITI DEL VECCHIO CONTINENTE DIO SCATTARE SULL’ATTENTI E PREPARARSI A COMBATTERE. LA NUOVA “MISSIONE DI PACE” CHE L’ITALIA PAGHERA’ BLOCCANDO PER ALTRI 5 ANNI GLI SCATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO

A Newport Barak Obama ha riunito i suoi sgherri e ha dato l’ordine di attrezzarsi con una forza militare di pronto intervento da utilizzare in Ucraina. Ma è stata l’occasione per ribadire ciò che il giorno avanti era stato proclamato durante la sua visita in Estonia: impiantare in quel minuscolo Paese una installazione Nato completa di tutti gli annessi e connessi militari di ‘difesa’. Ma da chi?

La rale intenzione è quella tradizionale della politica estera americana che si manifesta con l’insediamento nel Paese amico o alleato di un impianto militare Nato. Questo è il modo tradizionale Usa di di mostrare amicizia. Un bell’impianto militare tecnologicamente attrezzato per lanciare missili, magari a testata nucleare. Più amici di così? Che si vuole di più? Un bel cadeau di armamenti è testimonianza di amicizia, di stima e. addirittura, di affetto.

Non solo. La scena che le cronache televisive hanno riportato di quell’incontro è rivelatrice di come funziona l’Europa che dovrebbe essere un’entità di pace e di cooperazione economica e culturale: arriva Obama, presidente degli Stati Uniti d’America, convoca i capi più importanti della comunità che conta oltre 500 mila cittadini, li striglia a dovere perché sinora sulla crisi ucraina – che gli Usa hanno faticosamente messo in piedi e li richiama ad una maggiore determinazione e sulla quale hanno impiegato investimenti con costi rilevanti – loro non l’hanno capito o hanno fatto i pesci in barile e, pertanto, è venuto il momento di darsi una mossa e smetterla di cincischiare.

Bisogna osservarli attentamente, i sei che circondano il ‘capo’ e pendono dalle sue labbra: David Cameron (Regno Unito) che funge anche da ospite in quanto la cittadina del Galles appartiene alla Gran Bretagna; Angela Merkel (Germania); Françoise Holland (Francia), poveretto lui che si trova di fronte ad un impegno più grande delle sue dimensioni politiche e che, di questi tempi – donne docet – un po’ stari manu ‘a dritta; Matteo Renzi (Italia), il rottamatore di tutto, tranne del suo capo Obama, a prendere ordini da trasmettere, poi, alla sua ministra degli Esteri; Anders Fogh Rasmussen (Danimarca) segretario generale della Nato.

Ospite d’onore il premier ucraino, Petro Poroshenko, capo di quel governo-fantoccio che non è stato eletto da nessuno, insediato a seguito di un colpo di Stato promosso da un moto di piazza palesemente pilotato da forze esterne a quel Paese. La solita vergogna americana. Costoro apparivano tronfi di potere essere stati ammessi al contatto diretto di cotanto capo e pronti a dimostrare di essere meritevoli di tanto onore e, pertanto, pronti da bravi sudditi ad obbedire agli ordini.

La risoluzione uscita da questo summit è: “La crisi ucraina deve trovare soluzione politica, però, intanto, prepariamo una forza di pronto intervento di 4000 uomini adeguatamente dotati di armamento bellico”. E l’Italia ha prontamente offerto e messo a disposizione per il pronto impiego la brigata di paracadutisti “Folgore”.

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La cosa non deve meravigliare alcuno perché il credo pacifista dell’Occidente è quel signore – parliamo sempre del ‘Premio Nobel per la pace Obama – di esportare la democrazia nel mondo con le armi e con le guerre. Noi non ci meravigliamo più di tanto, perché abbiamo capito da tempo che questa è l’ideologia progressista da esportazione che presiede alle logiche imperialiste e perciò ci avrebbe meravigliato una risoluzione diversa da quella adottata a Newport.

D’altra parte, i leader europei convocati da Obama non hanno aperto bocca per motivare le ragioni delle loro perplessità sulle avances statunitensi, per la stessa ragione che informa il detto mafioso: “Quannu mamma chiama, ‘u picciottu s’apprisenta”. La filosofia del vertice di Newport è stata esattamente la stessa.


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