Nuovo ordinamento: è davvero tutto chiaro?

Da tre anni a questa parte, l’università italiana ha deciso di svecchiarsi e di cambiare assetto didattico e funzionale, in poche parole, ha deciso di cambiare ordinamento.

 

Questo nuovo ordinamento, ha suscitato, com’era normale aspettarsi, consensi e dissensi, per non parlare della  vera e propria confusio magna che si è venuta a creare all’interno delle singole facoltà e, in particolare, nella testa degli studenti, “separati in casa” da due diversi ordinamenti: il nuovo che avanza e il vecchio che pian piano da l’addio.

Il nuovo ordinamento, come molti già sanno, prevede un triennio per la laurea di primo livello e, successivamente, un biennio di specializzazione per la laurea di secondo livello.

 

Ma il nuovo ordinamento come una bellissima rosa, conserva le sue spine: problemi didattici e dubbi sui possibili sbocchi professionali, promessi dal ministro Moratti, fautore di questo cambiamento.

 

La nostra redazione si è recata ad intervistare i senatori accademici che tutelano i diritti degli studenti per saperne di più e constatare quanto effettivamente il nuovo ordinamento abbia migliorato l’università e in cosa, eventualmente, l’abbia peggiorata.

Riportiamo di seguito le opinioni dei senatori accademici.

 

Così si esprime  Nino Gurgone, appartenente al circolo “Idee & azione” di “Alleanza Universitaria”: “Per una strana applicazione delle leggi matematiche, tre più due non è uguale a cinque, almeno nell’Università. La normativa ha dimostrato la sua inattuabilità e l’errore profondo con cui è stata concepita. Un esempio significativo ed evidente è costituito dalle poche decine di studenti che nella facoltà di giurisprudenza hanno completato con successo il corso base di primo livello. Evidentemente chi ha pensato questa riforma non ha compreso come la nostra università non sia riportabile ad un modello di corso di studi anglosassone, diverso dal tradizionale. Innanzitutto dare dei punteggi, dei crediti, a delle materie universitarie è alquanto strano, per non parlare dei programmi, che essendo stati accorciati non danno più la preparazione adeguata, e della nascita di nuovi corsi di laurea, frutto di un  miscuglio di corsi già esistenti.

Questa riforma va ripensata, non migliorata, bisogna individuare un modello formativo ancor prima che un’organizzazione di corsi, finchè ciò non sarà fatto, qualsiasi riforma non sarà mai veramente innovativa e adeguatamente formativa.

 

Il vecchio ordinamento sicuramente mostrava carenze, soprattutto nei tempi di conseguimento della laurea e nella immissione nel mercato del lavoro. Ma è innegabile che questa riforma è stata concepita in modo tutto concettuale e non è agganciata alla realtà del mondo accademico italiano e la reazione degli studenti non poteva che essere incredulità, e delusione di fronte ad aspettative migliori.

 

I piani di studi delle lauree di secondo livello non sono ancora pronti, ma ci si sta impegnando al massimo affinché possano essere la realizzazione delle speranze e delle aspettative studentesche. È ancora presto per dire quali e quanti sbocchi lavorativi potranno dare, intanto bisogna arrivare alle lauree di primo livello”.

 

Anche Davide Arcidiacono, per la lista “La traccia”, non lesina critiche. – “L’andamento del nuovo ordinamento finora è stato sperimentale, tutto è ancora in fase di sviluppo. Quello che comunque emerge come necessità è un ripensamento globale dei programmi e delle materie, dimostratisi accorciati sulla base di quella che era la struttura del vecchio ordinamento,  e quindi inadeguati alla nascita della nuova riforma universitaria.

 

Il nuovo ordinamento ha sicuramente favorito un maggiore afflusso di studenti alle lezioni, e quindi una maggiore partecipazione al mondo universitario, ma, alla fine, si ha minor tempo per studiare gli stessi programmi, magari ridimensionati, ma non riformulati sui nuovi canoni di studio.

 

Bisognerebbe ripensare tutto alla luce della nuova riforma, ridistribuire le materie per livello. Il nuovo ordinamento sacrifica la possibilità di un approfondimento critico, lasciato solo alla discrezione degli studenti, senza che ne sia contemplata la possibilità a livello normativo.

 

Il vecchio ordinamento ha il difetto di non avere un senso temporale specifico, cosa che non accade al nuovo, dove tutto è scandito da fasi predefinite a vantaggio dello studente. Col vecchio ordinamento esisteva il rischio di adagiarsi sugli allori, crogiolandosi per anni nel ruolo di studente.

 

C’è un impegno globale dell’ateneo per la realizzazione dei piani di studio delle lauree specialistiche, ma nessuno riuscirà a laurearsi nei due anni previsti, il rischio è la laurea di secondo livello sia un grande ripasso dei tre anni precedenti, e questo va a scapito della qualità dell’insegnamento universitario. Io consiglierei un approfondimento dei temi specifici. I piani di studio non sono ancora pronti, ma tutto si definirà entro il tempo previsto.

 

Gli studenti hanno accolto con positività la possibilità di una laurea presa in tempi più brevi, ma la preparazione che daranno le lauree specialistiche e i loro sbocchi lavorativi appartengono restano ancora da vedere e valutare”.

 

Per concludere, riportiamo l’opinione di Manuela Spina, senatore accademico per la lista “Liste di sinistra studenti democratici”.- “ Il tre più due no ha funzionato affatto. Questo perché la riforma universitaria non è stata applicata bene. Ciò che critico infatti sono i criteri seguiti nell’attuarla e non la riforma in sé che avrebbe dovuto facilitare un processo di svecchiamento permettendo di raggiungere in soli tre anni un titolo di studio effettivamente spendibile nel mondo del lavoro, con in più la possibilità di continuare gli studi e migliorare il proprio titolo iscrivendosi alla laurea specialistica.

 

Molte cose, però, per molti motivi, non hanno funzionato, vanificando gli importanti obiettivi della riforma. Innanzitutto la stessa autonomia didattica è stata utilizzata per attivare un enorme numero di corsi triennali, sicuramente superiore a quello delle lauree specialistiche, per cui molti studenti rischiano di non trovare un collegamento corrispondente all’indirizzo scelto. Ancora, i moduli: organizzare la didattica secondo moduli, non significava di certo dividere le materie in parti. L’obiettivo era quello di dare agli studenti la possibilità di percorsi di studio più flessibili, creando delle specifiche unità autosufficienti. Infine, i crediti. Questi, sono stati ridotti a strumento per affermare la maggiore importanza di certe materie (e professori) rispetto ad altre, mantenendo la tradizionale distinzione tra fondamentali e complementari.

 

Penso che con un impegno responsabile da parte del governo molte cose avrebbero potuto essere riviste e migliorate, invece non solo la riforma ha comportato un periodo di confusa transizione, ma in più il governo non trova criteri validi per migliorarla e addirittura taglia i fondi agli atenei, affossando il sistema universitario italiano.

 

Il vecchio ordinamento, come già detto, era da migliorare, ma il nuovo ordinamento è riuscito effettivamente a migliorare il vecchio sistema? Purtroppo il mio giudizio è negativo per due motivi: il nuovo ordinamento non mette in condizione di conseguire il titolo entro i tre anni previsti, e il titolo stesso non è facilmente spendibile nel mondo del lavoro, perché non si sono create le condizioni. Con questo non voglio dire che sarebbe meglio tornare al vecchio ordinamento, ma la situazione è molto critica.

 

Gli studenti si trovano in uno stato di confusione evidente, non hanno più certezze, temono ulteriori modifiche senza contare che rimangono anche tutti i vecchi problemi: mancanza di aule, di case dello studente, di bilblioteche efficienti, di borse di studio, ecc.

 

I piani di studio delle lauree specialistiche devono essere approvati entro questo mese dalle singole facoltà e noi rappresentanti del senato accademico ci stiamo battendo per garantire l’iscrizione cautelativa a chi non conseguirà il titolo della triennale entro settembre. Per quanto riguarda gli sbocchi professionali staremo a vedere. A mio parere chi conseguirà la laurea biennale sarà considerato allo stesso livello di un laureato del vecchio ordinamento”.

 

Salvo Angemi

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