Nuove firme, nuove forme

Sabato 6 ottobre, nella galleria «L’Arte Club» (via Antonino di Sangiuliano 200, a Catania), è stata inaugurata la mostra Nuove Firme / Nuove Forme, che sarà visitabile fino al 14 ottobre. Realizzato dai Circuiti culturali dell’Università di Catania a partire da un’idea del prof. Giuseppe Frazzetto, l’evento vuole essere uno dei possibili modi di interpretare la terza edizione della “Giornata del Contemporaneo”, promossa dall’Amaci (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea).

Gli espositori, tutti giovanissimi se non esordienti, provengono dalle Accademie di Belle arti di Catania e di Reggio Calabria, ma anche da altre esperienze formative ed artistiche: Silvia Agliata, Melania Aitollo, Angela Capillo, Manuela Caruso, Ignazio Castro, Irene Catalfamo, Giuseppe D’Alia, Fausto Di Fidio, Mauro Mancuso, Vanessa Mirabella, Maria Teresa Puccio, Chiara Segreto, Andrea Todaro. Le segnalazioni sono state di Antonio Bruno, Salvo Duro, Antonio Freiles, Salvo Messina, Natale Platania, Giuseppe Puglisi, Adriano Pricoco, Delfo Tinnirello, Rino Valenti, Piero Zuccaro.

Si tratta di opere quasi tutte bidimensionali, da parete. Di là dalla loro duplice natura (opere pittoriche sono infatti accostate ad immagini realizzate con tecniche digitali di vario tipo), sembra esserci una sostanziale affinità, una variegata risposta agli interrogativi di uno stesso spirito del tempo.

Ad esempio: entrando in galleria, si ha la sensazione che tutte queste opere ci guardino, e che continuino a farlo anche mentre noi cessiamo di posare i nostri occhi su di esse. Come mai? Quasi un’estetica del reale, potremmo dire. Sarà forse questo il “segreto” dell’arte di oggi? Cioè tentare il superamento delle griglie e degli schemi mentali che forse troppo spesso impongono di chiedersi, di fronte ad un’opera: «cosa significa»? Cosa vogliono dire, infatti, questi quadri di giovani artisti? Forse il loro linguaggio, in cui il colore assume il ruolo del protagonista, vuole essere espressivo, più che comunicativo. Diverse, le tecniche utilizzate; ma per tutti (anche per quelli che utilizzano procedimenti di analisi  dell’immagine e di sua concettualizzazione) l’arte rappresenta soprattutto un modo d’esprimere le proprie sensazioni, urlare i propri stati d’animo, dipingere suoni interiori.

Ma c’è altro da dire. La contestualizzazione della mostra va oltre la semplice panoramica (già in sé interessante) sull’arte dei giovanissimi: è infatti facile cogliere la volontà degli organizzatori di ri-pensare il rapporto fra città e cultura artistica, riappropriandosi dell’abusata nozione di «Catania città d’arte» per vivificarla e per dare continuità a certe stimolazioni, a certe intuizioni organizzative.

Volontà che si evince già dalla scelta di raccogliere opere diverse in un unico ambiente, superando la paura del  confronto e ribadendo che l’arte contemporanea pone quasi programmaticamente il proprio statuto nella capacità di proporre idee e significati spesso inusuali. Sicché, anche nelle opere di questi giovanissimi, si coglie l’ormai più che centenaria “sfida ai canoni del bello”. C’è la capacità di esporsi al rischio dell’avventura creativa. E traspare così la finalità, anche didattica, di questa operazione: “educazione al bello”, ma un bello “per tempi nuovi”.


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