Nulla facenti della Regione: dopo le denunce sui giornali le carte, bloccate da mesi, sono arrivate in quattro giorni…

Con l’aiuto dell’informazione i grillini provano a scardinare il muro di gomma della burocrazia

Recapitati in soli quattro giorni al gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Assemblea regionale siciliana (Ars) l’incartamento richiesto oltre sei mesi da Angela Foti. La parlamentare grillina, lo scorso giovedì, stanca di inutili attese aveva contattato i carabinieri del Comando provinciale di Palermo per denunciare l’accaduto. Un fatto che vi abbiamo raccontato in un nostro articolo. Oggi arriva la bella notizia. Tutto a posto, la burocrazia regionale, per una volta, da tartaruga si è trasformata in gazzella. Quindi è bene quel che finisce bene? Macché! Il caso è ben più grave di quello che appare. E lo diciamo in seguito. Intanto riprendiamo alla notizia.

Dicevamo che protagonista dell’accaduto è stata la parlamentare del M5S all’Ars Angela Foti (nella foto a sinistra). Insieme ai colleghi Valentina Palmeri e Sergio Tancredi lo scorso giovedì si è stata costretta a chiamare i carabinieri dopo una mezza giornata di vani tentativi (contattati sette numeri telefonici diversi dalle 9,15 alle 12,35) di rintracciare un interlocutore all’assessorato alla Famiglia e ai Servizi sociali per avere lumi sull’incartamento riguardante le Ipab (Istituti di beneficienza / Opere pie).

La caccia alle “carte” sulle Ipab dell’onorevole Foti risaliva addirittura al primo di febbraio. Un lasso di tempo troppo lungo fatto di silenzio e indifferenza degli uffici del citato assessorato sfociati nella reazione che ha portato alla denuncia ai carabinieri e che ha spinto il parlamentare a dichiarare “è vergognoso mesi e mesi ad aspettare risposte che non arrivano , fax che si perdono , telefoni fuori posto , lettere di rimostranza. Tutto inutile, un muro di gomma e tanto silenzio”.

E poi? Il resto lo ha fatto l’informazione. Il cosiddetto potere mediatico ha messo a nudo una prassi in larga parte consolidata, un malcostume da debellare in fretta e furia. A chiarirlo lo stesso autore dell’iniziativa.

“Come per magia – ha riferito Foti – le carte che viaggiavano col freno a mano tirato hanno indossato gli stivali delle sette leghe per arrivare sulla scrivania della parlamentare appena quattro giorni dopo che i media avevano acceso i riflettori sulla vicenda (e poi proprio sotto Ferragosto quando buona parte dei dipendenti regionali si gode le ferie)”.

Ciò che emerge è il paradosso che per ottenere una risposta, nel rispetto della normativa di legge, si è costretti a rivolgersi alla stampa ed alle forze dell’ordine. Fino a quando questo coinvolge un rappresentante delle istituzioni la cosa, come dimostrato dai fatti, alla fine comunque si risolve in poche ore. E il cittadino? Quante volte ciò che abbiamo riferito ha visto come protagonista non un deputato regionale o nazionale, ma un semplice cittadino, un’impresa.

La sensibilità cambia ovviamente. Sia che riguardi l’informazione o le forze dell’ordine. Chiariamo. Quante denunce vi sono depositate sulle mancate risposte agli accessi agli atti. Denunce che attivano indagini che abbisognano del loro tempo e di personale da impegnare. Denunce per le quali i burocrati si mostrano forti al punto da non cambiare atteggiamento e stra fottersene. Anche perché non sempre la stampa è disposta a dare spazio da prima pagina al singolo cittadino. L’impatto mediatico che ha visto protagonista un parlamentare regionale del M5S obiettivamente è diverso. Ed i risultati si sono visti. Ed allora torniamo alla gravità dell’accaduto. Cosa ci lascia questo fatto? Ve lo diciamo.

Se un parlamentare regionale, come dicevamo,eletto da popolo e rappresentate delle istituzioni della Regione siciliana, con poteri ispettivi e di controllo sull’operato proprio degli uffici e dei dipartimenti della pubblica amministrazione regionale, è costretto alla denuncia alle forze dell’ordine ed alla stampa quali speranze può aver il semplice cittadino? Alle attuali condizioni, temiamo che la risposta sia scontata e cioè nessuna. La gravità dell’accaduto risiede proprio nella capacità riconosciuta ai parlamentari del M5S di avere smascherato una “cattiva consuetudine”, tutta siciliana. Quale? Quella di aver consegnato, da tempo, alla burocrazia regionale un potere enorme. Quello che, ai tempi di Nanni Loy, qualche decennio, fa si definiva con una frase: “mi manda picone”.

Un tormentone che ha descritto perfettamente l’abitudine (mai abbandonata) di parte dei burocrati regionali (ma anche nazionali) di fornire risposte al cittadino solamente se accompagnato da una personalità potente (di solito un politico) o dal famoso “pizzino”. Un bigliettino da visita, di solito, sbarrato all’altezza del nome e cognome con scritto su qualsiasi cosa che potesse considerarsi un segnale di autorizzazione ad accogliere l’utente o a consegnargli carte oppure a portare avanti un’autorizzazione o chissà che. Ed allora serve invertire la rotta e creare le condizioni perché anche il cittadino abbia risposta dagli uffici pubblici senza dover esibire il “pizzino” o pronunciare le parole fatidiche “mi manda Picone”.

Quale stimolo raccogliere, quindi, dall’accaduto?

A darci la risposta due dei tre parlamentari grillini protagonisti dell’accaduto.

“E’ assurdo – ha sottolineato Angela Foti – che per dialogare con le istituzioni si debba ricorrere al potere mediatico. Spero che questa non sia la regola e che in futuro situazioni del genere non accadano mai più”.

“Episodi del genere – ha commentato Sergio Tancredi (nella foto a destra) – sono tutt’altro che infrequenti. Ogni volta che accadranno in futuro ci rivolgeremo ai carabinieri. Non abbiamo intenzione di fare sconti a nessuno”.

Adesso la parola al presidente della Regione, Rosario Crocetta, impegnato com’è a fare pulizia su tutto e tutti, troverà la maniera per dare un nuovo assetto alla burocrazia siciliana. Se riuscirà nell’intento i siciliani sicuramente gliene saranno riconoscenti così come la stampa, anche quella considerata più lontana dalle posizioni dell’attuale esecutivo.


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