Dopo il corteo, una delegazione dei precari della scuola che da mesi occupano il Provveditorato viene ricevuta in Prefettura dallassessore regionale Nicola Leanza. Meno di due minuti per dichiarare limpotenza delle istituzioni locali di fronte ai tagli della Gelmini. E per accendere ancora di più la rabbia dei manifestanti
Novanta secondi dallAssessore
Dopo mesi di permanente occupazione al Provveditorato, ecco che, oggi, docenti, studenti e lavoratori della scuola sono scesi in piazza a manifestare tutto il loro dissenso per una situazione di precarietà ormai quasi irreversibile.
Il corteo, organizzato dai membri del Coordinamento precari scuola, dai sindacati, e fortemente sostenuto dai ragazzi delle superiori, è partito alle 10 da piazza Roma e ha proseguito il suo cammino di protesta lungo tutta la via Etnea. Meta stabilita la Prefettura. Si sciopera contro la riforma del ministro Gelmini. Le richieste sono quelle di sempre: dimissioni del Ministro, revoca dei tagli, immissione in ruolo dei precari. Ma è preso di mira l’assessore regionale alla Pubblica Istruzione, Nicola Leanza, ritenuto complice di un progetto politico che comporterà la dissoluzione definitiva della scuola pubblica.
I docenti precari e disoccupati presenti al corteo hanno fatto sentire la loro voce a suon di slogan fischietti. Diverse le esperienze, ma per tutte un comune denominatore: la stanchezza e l’avvilimento, per una situazione definita “scandalosa” e “inaccettabile”.
Francesca Carciola, docente precaria, si sente fortunata per aver ricevuto per quest’anno un incarico a tempo indeterminato in una scuola primaria di Librino. «Vogliamo che lo Stato faccia qualcosa contro questi tagli; è necessario che la scuola venga sostenuta e aiutata sia con risorse economiche sia con risorse umane qualificate», dice l’insegnante. «Investire sulla scuola è importante per il progresso dell’intero Paese. Perché la vera ricchezza di uno Stato non è data dal numero di negozi lussuosi che costruisce, ma dalla qualità culturale dei suoi cittadini. I soldi per agire e arginare la crisi ci sono, ma sono spesi male».
Giovanna Anastasi, docente precaria di Lettere, dà seguito allo sfogo della collega: «Il nostro futuro è troppo incerto. C’è chi è più fortunato e chi no, ma non possiamo accontentarci. È impensabile continuare a vivere in sospeso le nostre vite. Ciò che chiediamo, oggi, è la stabilizzazione dei precari, perché non si può bypassare la nostra professionalità. È necessario istaurare un dibattito serio sulla scuola».
Non meno decisi gli studenti delle scuole superiori, accompagnati e incoraggiati da quelli universitari. Ilenia, studentessa del “Turrisi Colonna” spiega che «non è giusto che alla scuola tocchino i tagli e loro, i politici, sono i primi a guadagnare, immeritatamente, un mucchio di soldi. Inoltre là fuori, fra i precari, ci sono di sicuro insegnanti molto più in gamba di quelli che, al momento, sono di ruolo».
«Vogliamo risposte concrete ed esaustive» afferma Giuseppe D’Accampo, docente precario di un liceo di Giarre. «La maggior parte di noi insegnanti colpiti dalla riforma abbiamo una certa età; abbiamo una famiglia e nel corso degli anni abbiamo investito soldi, tempo e fatica nel nostro lavoro. I tagli possono starci, ma vanno misurati. Non vogliamo soltanto preservare il nostro lavoro, ma salvaguardare l’istituzione della scuola pubblica in generale, perché rischia di essere fortemente compromessa. Anche l’Università ha bisogno di input nuovi e non di tagli alla ricerca e all’offerta formativa. Bisogna rivedere tutto».
Fra l’euforia dei ragazzi, la musica che annuncia l’arrivo dei manifestanti in lotta, gli slogan urlati al megafono, il corteo attraversa il centro storico e si porta sino in Prefettura. Qui si inizia ad organizzare una delegazione di rappresentanti della scuola, intenzionati a parlare con l’assessore Leanza. La polizia fa muro davanti all’entrata; ma è quasi impossibile eludere la rabbia generale, quando qualcuno dice che Leanza non vuole vedere nessuna delegazione e che, addirittura, progetterebbe la fuga dal retro dell’edificio.
Nessuno, fra docenti, studenti e membri del personale A.T.A., vuole rassegnarsi a quel no. Ma ben presto qualcuno avvisa la folla che Leanza concederà udienza alla delegazione. Si iniziano a concordare gli argomenti da trattare in presenza dell’Assessore: lo stop ai tagli, la stabilizzazione dei precari, la lotta che continua, la sicurezza nelle scuole sono i temi sui quali puntare.
Peccato che l’incontro con Leanza duri un minuto e mezzo. I delegati che vanno dall’Assessore per rappresentare tutti i manifestanti, ottengono da lui solo una dichiarazione di impotenza di fronte alla riforma e ai tagli. Leanza ha esortato tutti ad accontentarsi di quello che si sta facendo per arginare i tagli, ovvero ad accettare di buon grado i “contratti di disponibilità”, sostenendo di non poter fare altro, in quanto non è lui che decide, ma il ministro Gelmini. Risposte che hanno esasperato il clima della protesta.
Una dei membri della delegazione, Valeria Di Pasquale, docente precaria alle superiori, riferisce: «Ha smontato le nostre argomentazioni, rigirando a suo piacimento ogni nostra parola. Ci ha detto che la Sicilia è stata l’unica regione a mobilitarsi attivamente per evitare il peggio e che, addirittura, la Lombardia ci ha preso ad esempio, in questo progetto di salvataggio. A modo suo, pure lui vuole sistemarci tutti. Ma è impossibile pensare di migliorare le condizioni degli insegnanti di sostegno, di Lettere e di Matematica, senza muovere un dito per gli altri. L’unica cosa che, al momento, ci spinge a sperare è che Leanza ci ha promesso l’apertura di un tavolo di confronto mercoledì prossimo».
Amareggiati per gli scarsi risultati ottenuti dal confronto con l’Assessore, i manifestanti hanno spostato il corteo in piazza Università, dove è stata indetta un’assemblea permanente all’interno del Palazzo centrale, e si è iniziata un’occupazione del Rettorato.