Ovvero cosa aspettarsi dalla capitale della Norvegia!
Non solo fiordi
Preparando la valigia
per un viaggio all’insegna della scoperta di una delle
capitali scandinave, si viene invasi dalla sindrome di Heidi: ci si
immagina circondati da montagne a saltellare di qua e di là,
non ci si aspetta una capretta ma magari un alce o una renna accanto,
Babbo Natale che saluta dalle nuvole e dei vichinghi dalle asce
affilatissime pronti a far strage di tutto ciò che si pari
loro davanti.
Appena si atterra a Gandermoen, l’aeroporto principale di
Oslo, ci si rende conto che forse non è proprio esattamente
come lo si era immaginato: la struttura è enorme, degna di
una capitale, con migliaia di persone con sacchetti del duty free in
mano e tanta, tanta luce: non la luce del sole siciliano, ma quella
intensa e bianca, frutto di nuvoloni grigi in pieno giorno.
Preso il treno per il centro di Oslo, avendo prima debitamente cambiato
gli euro in corone norvegesi, si raggiunge la stazione centrale e una
volta fuori, si rimane a bocca aperta: ma quelli sono grattacieli! Dove
sono finite le casette con i tetti spioventi?
Niente panico, dopotutto è una capitale! Si trascinano le
valigie a destra e a manca, cercando di capire come funzioni
esattamente la città, sempre rimanendo stupefatti dalle
dimensioni degli edifici e dal largo utilizzo di acciaio, vetro ma
anche di mattoni e laterizi. Una volta imboccata la strada giusta,
passando ovviamente per Storgata, una delle vie principali,
un’altra stranezza salta subito all’occhio ma forse
non viene rielaborata subito dal cervello già sovraccarico
di immagini e di sorprese.
Che fine hanno fatto i norvegesi?
Un nordico non lo si trova neanche a pagarlo: pakistani, indiani,
africani, cinesi, thailandesi, turchi, sudamericani… ma non
si era in nord Europa? Uno strano mix, in effetti, ma piacevole: la
città, che sembrava già triste per quei
palazzoni, riacquisisce un pochino di colore e vitalità.
Di notte, però, è tutta un’altra
storia: i norvegesi finalmente si mostrano, sempre immersi nel
caleidoscopio di etnie, stupendo per la loro bellezza algida e
delicata. Così si riempiono le strade che portano al Palazzo
Reale, costellate di pub e locali notturni vietati – da notare – ai
minori di vent’anni, i quali non possono neanche permettersi
di “consolarsi” con una birra poiché
è illegale consumare alcolici in strada (e si vedono i
barboni nascondere accuratamente il fiaschetto dentro
l’impermeabile lercio).
Di bere sicuramente non se ne ha la benché minima
intenzione: per poter infatti pranzare o cenare, la spesa minima
oscilla dalle 70 alle 80 corone perfino ricorrendo al
McDonald’s (ovvero spendendo dai 10€ ai 13€
minimi). L’acqua è quasi un lusso: il suo prezzo
è di gran lunga superiore alla birra o ad altre bevande;
essa è inoltre quasi irreperibile
“still” ovvero non gasata o perlomeno non
aromatizzata e se ne comprende il motivo troppo tardi: i norvegesi
bevono l’acqua del rubinetto!
Stringendo denti, cinghia e la mano sul portafoglio, ci si rifugia nei
musei: alla Galleria Nazionale sono presenti le celeberrime opere di
Munch, come l’”Urlo” e
“Madonna” e altre di numerosi artisti scandinavi,
sconosciuti ai più, ma interessantissime e degne di nota,
come i lavori di Johan Christian Dahl.
Ma una volta visitati i musei e le strade principali, Oslo offre molto
poco: il parco Vigeland, il trampolino dell’Holmenkollen e il
parco giochi Tusenfryd insieme all’Opera di recente apertura
sono le uniche attrazioni meritevoli di una visita.
Un weekend è quindi più che sufficiente per
apprezzare questa capitale europea, magari lasciando Heidi alle sue
Alpi e Babbo Natale in Lapponia.