La manovra di stabilità del governo Renzi non prevedrebbe risorse per la Regione siciliana, nonostante un anno di interlocuzione, di pressing e di prove tecniche di accordo tra Roma e Palermo. Un fatto che preoccupa per la tenuta economica dell'ente e che potrebbe aprire le porte a elezioni anticipate
Nella finanziaria nazionale non c’è un euro per la Sicilia E adesso per chiudere il bilancio mancano 1,4 miliardi
Rosario Crocetta ha appreso la notizia di ritorno da Bruxelles dove è stato per quasi tutta la settimana. La finanziaria nazionale non prevedrebbe alcuno stanziamento per la Sicilia. Fatto questo che, se confermato, per molti aprirebbe le porte a elezioni anticipate nella prossima primavera.
In realtà il governatore siciliano non si è scomposto più di tanto, anche se non l’ha presa benissimo. I rapporti tra Crocetta e Alessandro Baccei, assessore regionale all’Economia, sono al minimo storico. Al di là delle dichiarazioni sull’accordo relativo alle risorse liberate (650 milioni di euro), relative ai fondi di coesione, il presidente della Regione punterebbe a tornare interlocutore unico, cosa in sé al momento difficile, col governo renziano, ponendo Baccei in una posizione di forte ridimensionamento. Com’è altrettanto vero, che dopo un anno di interlocuzione, di pressing e di prove tecniche di accordo tra Roma e la Sicilia, sul miliardo e mezzo di euro trattato, scende il gelo.
La prima richiesta era stata di due miliardi di euro, poi scesi ad un miliardo e 400 milioni, con la possibilità del recupero di 600 milioni delle risorse risparmiate nella sanità. Gli emissari di pace sono in silenzio. Il gesto politico e di indirizzo di non riservare alcuna attenzione alla Sicilia precluderebbe, se confermato, l’agibilità politica dell’esecutivo regionale, dove accanto a Crocetta c’è mezza squadra indicata da Faraone (Gucciardi, Contrafatto, Baccei ed in parte Croce), ma soprattutto il Pd. Il fatto che i percorsi delle leggi approvate nel 2015 si siano infranti sulla barriera dell’impugnativa è solo una delle code che si trascinano ormai senza profitto nei rapporti tra Roma e la Sicilia. Non è pensabile che la soluzione arrivi da sola.
Crocetta si è detto fiducioso che in tempi brevi le risorse possano essere individuate, ma se il quadro generale e quello operativo non cambiano, ci sarà poco da studiare. È poco probabile che Crocetta pensi alle dimissioni, almeno al momento, ma è certo che sarà compito del Partito Democratico supportarlo, fuori dagli schemi di corrente e senza fughe in avanti e spiegazioni alla lavagna. Il rimpasto infinito, annunciato e mai completato, rimane per strada, mentre lo steso Faraone in questa vicenda non ha avuto modo di proteggere più di tanto l’azione di Alessandro Baccei, uomo di garanzia e di raccordo, ufficiale di collegamento lasciato tra due fuochi.
Le scelte sui forestali, sui precari, sui tagli di sistema necessitano di una convergenza sostanziale come lo stesso Fausto Raciti, segretario regionale dei dem, più volte ha ricordato. Se si andrà al voto in primavera insomma dipende da Roma e dai cordoni della borsa da allargare o da chiudere, ma anche da Palermo per quanto riguarda la disponibilità dei parlamentari che sostengono Crocetta a chiudere questa esperienza, l’ultima all’Ars con 90 deputati. La prossima sarà l’Assemblea dei 70 eletti.