«Questa sembra una emergenza ma in realtà ogni anno arriva puntuale proprio in questo periodo». A parlare a MeridioNews è don Carlo D’Antoni, prete della parrocchia di Bosco Minniti a Siracusa che, da anni, è diventato un punto di riferimento per italiani e stranieri in difficoltà che ospita nei locali parrocchiali. «Hanno fra i 30 e i 50 anni e vengono soprattutto dal Sudan – continua -. Arrivano qui privi di ogni cosa, fatta esclusione per gli stracci che hanno addosso, e vanno a lavorare nelle campagne di Cassibile. Hanno bisogno praticamente di tutto».
Acqua da bere, prodotti alimentari, coperte, vestiti, biancheria intima, scarpe e prodotti per l’igiene. Sono questi i beni di prima necessità che don Carlo chiede per i molti migranti che «vivranno per un paio di mesi nelle favelas, che sorgono all’interno di casolari diroccati o in capanne costruite alla buona con materiali che riescono a recuperare. Senza energia elettrica, senza acqua né servizi igienici», sottolinea il prete. In realtà, i lavori nelle campagne siracusane inizieranno nelle prossime settimane ma in molti sono già arrivati perché, nei posti da cui provengono, la raccolta dei prodotti dei campi è già terminata. Adesso sono già una cinquantina, ma la cifra molto probabilmente supererà anche i duecento. «Ho lanciato un appello sui social network – va avanti don Carlo -. Se un’ondata di indifferenza dovesse sommergere questa richiesta, andrò io stesso ad abitare tra loro nelle campagne di Cassibile. Così mi sentirò più uomo e più prete».
Per adesso, a rispondere alle sue parole sono stati associazioni e cittadini che hanno già donato soprattutto abbigliamento e coperte. «C’è bisogno che l’aiuto e la solidarietà continuino perché – precisa – anche quando inizieranno a lavorare, per quei due o tre mesi di raccolta nei campi, nessuno garantirà loro una sistemazione migliore restando totalmente abbandonati a loro stessi». Il sacerdote parla poi delle difficoltà per molti di loro a rimanere nella legalità, anche per chi sarebbe in regola con le norme sul soggiorno in Italia. «Non avendo una casa – spiega – molti tengono i documenti addosso e può capitare che li perdano o che l’umidità e il sudore li facciano rovinare. Poi, solitamente, non riescono ad avere il tempo per recarsi all’ufficio stranieri delle città di competenza e attendere il duplicato».
Padre Carlo da anni ospita nella sua parrocchia chi ha bisogno di un tetto sopra la testa o di protezione. «Accogliamo chiunque si trovi in mezzo alla strada», racconta. Per poi interrompere il dialogo in seguito all’arrivo di due giovani – un gambiano e un senegalese – affamati e infreddoliti. In questo periodo sono una trentina gli ospiti della parrocchia di Bosco Minniti. «Quando diventiamo troppi, alcuni si accontentano anche di dormire a terra», ci racconta il prete che apre la casa dove abita, i locali della sagrestia e, in casi estremi, anche la chiesa stessa. «Da qui – dice – sono passate circa 28mila persone provenienti da 64 Paesi diversi, credenti di tutte le religioni. La convivenza – ci tiene a precisare – è sempre stata pacifica, si autogestiscono con il coordinamento di un ragazzo senegalese che è qui da più tempo».
L’accoglienza, tuttavia, ha un costo anche se fino ad ora si è sempre cercato di sostenere le spese da soli. « Non ho mai richiesto nessun contributo alle istituzioni – rivela il prete -. Cerco di andare avanti con il mio stipendio e qualche donazione. Spesso confido nella comprensione dei fornitori che attendono per essere pagati. Oggi però – conclude don Carlo – chiedo solo di provvedere a dare una sistemazione dignitosa ai lavoratori stagionali di Cassibile».
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